Categoria: Interviste
Ivan Del Duca ha dalla sua parte una serie di primati in ambito italiano: e' stato tra i programmatori per Commodore 64 con piu' titoli all'attivo, ha lavorato praticamente per tutte le Software House piu' importanti, è uno dei pochi programmatori, anche a livello internazionale, ad avere iniziato la sua carriera con il Commodore 64 e ad essere rimasto nel settore dei videogame. Dopo aver fatto parte di Milestone/Graffiti e Trecision, e' stato Lead Programmer alla Playstos Entertainment ed oggi è Global Director of Technology presso 505 Games.
Ciao Ivan, grazie per avere accettato l'invito a contribuire a Ready64 con la tua partecipazione! Anche se il tuo nome è noto tra gli appassionati italiani di Commodore 64 e di videogiochi in generale, apriamo l'intervista con una tua auto presentazione, giusto per gli appassionati di gossip, o per chi vive su Marte o per entrambi...
Mi spiace deludere sia gli appassionati del gossip che i marziani ma temo di non aver molto di eclatante da raccontare. Ho 35 anni e mi sono trasferito per lavoro a Milano nel 1993, pur essendo originario di Belluno, luogo in cui ho cominciato a coltivare l'orribile perversione di diventare programmatore. Nel corso degli anni ho lavorato per una buona parte delle principali Software House italiane di videogiochi, attualmente collaboro con Playstos Entertainment e lavoro ad un progetto per la nuova generazione di console.
Raccontami un pò del periodo che precede la scoperta della programmazione sul C64. Quali sono i tuoi trascorsi per quanto riguarda gli home computer e i videogiochi in generale?
La passione per i videogiochi nasce da quando i giochi "da bar", come si chiamavano allora, hanno cominciato ad avere una certa diffusione in Italia. Quindi parliamo della seconda metà degli anni '70; passavo pomeriggi interi in cerca dei bar con dei giochi nuovi per poter spendere la manciata di monetine (da 100 o da 50 lire) che riuscivo ad estorcere a mia nonna. Il motivo per cui ho subìto una tale fascinazione fin da piccolino non l'ho mai capito ma, evidentemente, il mio cammino era già segnato.
Cominciai ad appassionarmi al mondo degli Home Computer e ai videogiochi in modo più "documentato" solo nel 1982, quando uscì in edicola il primo numero di Videogiochi, la prima rivista in Italia che avesse capito l'importanza che questo nuovo media avrebbe assunto nel corso degli anni. Attendevo con ansia ogni mese il nuovo numero, mi soffermavo ore a leggere le recensioni dei giochi e le descrizioni dei computer come lo Spectrum, il Tandy, il Vic-20 e, più avanti, del Commodore 64.
Purtroppo, non avendo particolari risorse economiche, ho dovuto attendere fino al 1985 prima di poter comprare il mio primo computer (il Commodore 64, appunto) fino ad allora mi sono accontentato di sognare sulle pagine di Videogiochi... spendendo nel frattempo un piccolo capitale in tutti i bar della città :)
Quindi anche tu, come la maggior parte dei ragazzi di quel periodo hai contribuito a finanziare una vita da nababbi agli azionisti di Taito, Namco e compagnia bella. Dai allora, facciamo il nome di qualche "colpevole". Quali erano i tuoi gusti in fatto di Videogame?
Parlando di giochi da sala mi vengono in mente 1942 e Bomb Jack, ovviamente escludendo Space Invaders, Breakout & co., passaggi obbligati per tutti all'epoca :) Per quanto riguarda il C64, il gioco in assoluto che ho apprezzato di più è stato Ultima IV (ero già più grandicello e di conseguenza mi interessavano giochi con un po' più di spessore). Ma di giochi che ho giocato fino allo sfinimento ce ne sono stati a decine, tra tutti: Wizball, Armalyte, Super Pipeline, Trolls & Tribulations, Shadowfire.
Quando e come invece hai scoperto la programmazione e l'assembly del 6510?
Più o meno a 15 anni. La spinta è arrivata probabilmente dalla noia; a volte la noia è il motore d'avviamento della creativita'. Ero stufo di giocare sempre agli stessi giochi e pensavo a quanto sarebbe stato bello creare un gioco "come lo volevo io". Inizialmente mi sono avvicinato al Basic del C64, com'e' ovvio, ma ho capito presto che non se ne sarebbe cavato un ragno dal buco.
Il caso volle che proprio in quel periodo conobbi Antonio Miscellaneo, che non solo sarebbe diventato il mio miglior amico, ma anche la persona con cui cominciare a lavorare nel campo dei videogiochi.
Com'è nato il tuo rapporto di amicizia e professionale con Antonio ?
Veramente niente di trascendentale; abitavamo a 100 metri l'uno dall'altro ma non ci conoscevamo. Un giorno stavo chiaccherando con un amico comune, che stava proprio andando da Antonio e mi disse "sto andando da Mix, lo conoscerai sicuramente, anche lui è appassionato di computer e poi abitate quasi uno di fronte all'altro..." stupito dalla mia risposta negativa decise che era assolutamente necessario farmelo conoscere, così andai anch'io a casa di Antonio... Fu amore a prima vista, amore in senso lato ovviamente!
Certo ci mancherebbe, in ogni caso da queste parti abbiamo idee molto liberali :-)
A parte le battute, diciamo di piu' sul sodalizio con Antonio Miscellaneo. Quanto era importante al fine dello scambio di informazioni e anche per tenere alta la motivazione, avere una collabortore su cui contare?
Essere in due ci ha aiutato molto ad affrontare le enormi difficoltà nel comprendere l'Assembler e il funzionamento "intimo" della macchina. Parlo di enormi difficoltà perche' non dimentichiamo che a quei tempi non solo internet non esisteva nemmeno in sogno, ma non c'era neanche nessun modo per far circolare le informazioni, tantomeno in una città piccola come Belluno.
Quindi si doveva far affidamento a quei pochi articoli o libri che si riuscivano a scovare qua e là e soprattutto tanto "reverse engineering". Se non fossimo stati in due forse ci saremmo arresi alle prime difficoltà, mentre con il supporto l'uno dell'altro siamo riusciti ad accrescere le nostre competenze fino alla realizzazione del nostro primo gioco.
Ti elenco, in ordine di uscita, tutti i videogiochi da te realizzati e per ognuno ti chiedo di rilasciarmi un tuo commento, aneddoti, ricordi, rimpianti... e tutto quello che ti suscita ripensare ai tuoi primi videogiochi.
Parsley (Systems Editoriale, 1987)
Questo è stato appunto il nostro primo gioco. Al tempo compravo Commodore Computer Club e avevo visto la loro iniziativa relativa al software "Made In Italy". Fino a quel momento io e Antonio avevamo realizzato un sacco di progetti che poi, inesorabilmente, non andavano da nessuna parte. Piuttosto normale per degli adolescenti... Ci mancava un fine ultimo, passato l'entusiasmo iniziale relativo al tecnicismo fine a se stesso (lo scrolling multicolore a 50 frames al secondo, 32 sprites sullo schermo ecc. ecc.) il progetto veniva abbandonato per mancanza di idee e di stimoli e probabilmente anche perché avevamo mire troppo ambiziose.
Allora ci siamo detti "perche' non facciamo un gioco *semplice* con la certezza di portarlo a termine e vediamo cosa succede?". Così è nato Parsley, un clone di una versione di Trivial Pursuit che girava in quel periodo in sala giochi. Ci sono voluti circa 10 giorni per la programmazione e altri 4/5 per scrivere le domande. Una volta finito abbiamo telefonato alla Systems e abbiamo preso un appuntamento a Milano nella loro sede di Viale Famagosta (fu il mio primo viaggio a Milano). Mi ricordo che quando Michele Maggi vide il gioco rimase molto colpito... Si aspettava una cosa amatoriale scritta in Basic e invece si è ritrovato con un titolo scritto in assembly, che occupava tutta una facciata di un dischetto e con musica e grafica di qualità "accettabile" (facevamo tutto noi, cosa piuttosto diffusa ai tempi).
Totale dell'operazione: 1.400.000 lire. Non male per 10 giorni di lavoro di due ragazzini alle prime armi.
Modulus (Systems Editoriale, 1989)
Michele Maggi era molto entusiasta delle nostre capacità per cui ci propose di metterci subito al lavoro su un altro progetto. Avremmo voluto realizzare un titolo eccezionale, uno Sparatutto o un Arcade/Adventure tecnicamente ineccepibile, stupire il pubblico con effetti speciali e colori ultravivaci e bla bla bla... La realtà era che non ne saremmo stati capaci.
A quel tempo eravamo probabilmente un po' supponenti (del resto ai tempi non esisteva una community e nella nostra piccola realtà di provincia pensavamo di essere gli unici in Italia a saper programmare a quel livello) ma per fortuna non eravamo completamente stupidi :) Per cui dopo un "brain storming" avvenuto durante il viaggio di ritorno da Milano decidemmo che sarebbe stato opportuno limitarsi a realizzare un gioco "vendibile" ma di facile realizzazione. Così nacque Modulus, costituito da una serie di puzzle a tema fantascientifico, realizzato in 5 giorni di programmazione frenetica.
Purtroppo qualcosa andò storto durante la duplicazione del master e, a tutt'oggi, non ne esiste una versione funzionante! Forse ho ancora il dischetto originale che consegnammo alla Systems (ma dubito che troverò la forza di cercarlo!).
Space Gold (Systems Editoriale, 1989)
A causa di impegni scolastici e di altro genere io e Antonio decidemmo che non conveniva più fare un gioco in due: sarebbe stato più proficuo e pratico farne uno a testa :) Così cominciai a lavorare a Space Gold, un semplicissimo giochino per due giocatori pieno di grafica "rippata" da altri giochi (purtroppo a quel tempo era una pratica piuttosto comune nei giochi "semi-amatoriali"). Non mi ricordo quanto tempo impiegai a completarlo, ricordo solo di averci lavorato senza grosso impegno. Lo sottoposi al solito Michele Maggi che decise di acquistarlo per la pubblicazione in Germania (penso non venne mai pubblicato in Italia, infatti l'iniziativa "Made In Italy" si era nel frattempo conclusa). Il gioco di Antonio invece non vide mai la luce, era francamente bruttino ma, va detto, stavamo cominciando ad uscire dall'adolescenza e gli interessi in quel periodo cominciavano a cambiare...
World Cup 90 - Arcade Soccer (Genias, 1990)
Non mi ricordo esattamente come avvennero i contatti con Genias. Forse li contattammo noi allegando i giochi fatti per la Systems Editoriale, o forse fecero loro la prima mossa. Fatto sta che ci assegnarono il non facile compito di realizzare la versione per C64 del gioco di calcio World Cup 90 (già in produzione per Amiga da parte dei fratelli Dardari).
Nonostante il gioco sia solo appena sufficiente (ad essere di manica larga) vendette molto bene, ovviamente grazie al fatto che in quell'anno c'erano appunto i mondiali di calcio. Nel settembre del '90 andai per la prima volta all'Ects di Londra (quella che una volta era la fiera europea del videogioco) e mi ricordo che al Virgin Megastore vicino a Piccadilly nella classifica dei giochi più venduti per C64 c'era nelle prime posizioni World Cup 90: dimostrazione pratica di quanto molte volte una licenza sia più importante della qualità, in termini di vendite...
Warm Up (Genias, 1991)
Un'altra conversione da un titolo Amiga. Il gioco è stato realizzato con molta fatica, per tutta una serie di problematiche personali sia mie che di Antonio, inoltre in quell'anno facevo anche il servizio civile per cui il tempo a disposizione era veramente poco. Anche in questo caso il gioco è appena sufficiente e, anche se da un punto di vista puramente tecnico rimane tutt'ora un titolo abbastanza valido, dal lato del gameplay è veramente scadente. Questo nasce dalla completa disorganizzazione che contraddistingueva molte software house in quel periodo, l'importante era che il gioco "funzionasse", concetti quali "giocabilità", "interfaccia utente", "bilanciamento della difficoltà" ecc. erano completamente sconosciuti. I programmatori e i grafici venivano abbandonati più o meno a loro stessi e quando il gioco veniva giudicato completo iniziava la duplicazione :)
Dribbling e European Champion (Idea Software, 1992)
Nonostante tutti i giochi per C64 realizzati da me (e da Antonio) fossero di qualità discutibile era pur sempre vero che gli standard qualitativi del periodo erano molto ma molto più bassi di quelli attuali.
Per cui i nostri lavori venivano considerati comunque in modo abbastanza positivo.
Grazie alla "fama" che cominciavamo ad avere un giorno ricevemmo la telefonata di Antonio Farina, l'allora Project Manager dell'Idea Software che ci propose di realizzare la versione C64 del gioco di calcio Dribbling. Dopo qualche trattativa accettammo e il gioco fu pronto all'incirca in un anno. Alla fine il prodotto lo realizzai completamente io, venendomi a mancare l'apporto di Antonio che cominciò l'università, trasferendosi a Bologna. Tra l'altro la lavorazione venne interrotta ad un certo punto perchè Idea Software mi chiese di realizzare un altro titolo parallelo, in occasione dei campionati europei, che si chiamava European Champions (in Inghilterra mi pare sia uscito col titolo di Championship of Europe).
Fondamentalmente i due titoli condividevano lo stesso "engine" di gioco, cambiava solo il contorno (coppe europee per European Champions e campionato italiano per Dribbling). In ogni caso Dribbling è un gioco leggermente migliore di Champions, con qualche rifinitura in più e con una gestione un po' più complessa della squadra.
Rimaniamo comunque sempre nell'ambito del giochino "che deve funzionare" e nulla più... Intelligenza artificiale e giocabilità erano ai minimi storici.
Approfondiamo un pò i metodi con cui venivano creati i giochi. Quali tool utilizzavi? I tuoi programmi erano realizzati direttamente su C64 oppure ti avvalevi di computer più "potenti" ad esempio per la compilazione del codice?
Usavamo solo ed esclusivamente il C64. D'altro canto non avremmo avuto le conoscenze tecniche per interfacciarlo ad un altro computer. Ci provai più tardi, ai tempi dell'Amiga, ma con scarsi risultati.
I tool che usavamo si dividono in tre fasi "evolutive": i primi tre giochi (Parsley, Modulus e Space Gold) sono stati realizzati utilizzando un disassemblatore, questo vuol dire che programmavamo direttamente "nella memoria" del C64 a basso livello, nessuna label, nessuna funzione di rilocazione del codice, niente di niente.
Quando si voleva salvare "il progetto" si salvava su disco tutta la memoria del C64. Per World Cup '90 decidemmo saggiamente di ricorrere all'uso di un assemblatore e optammo per l'utilizzo del Merlin. Era un buon prodotto ma la "compilazione" era lentissima e verso la fine richiedeva 15 minuti buoni.
La svolta avvenne con i titoli successivi: comprammo un assembler hardware (nel senso che era su cartuccia e quindi permetteva di utilizzare tutta la memoria del C64 per il codice sorgente di ogni singolo modulo) che si chiamava Edna Professional Assembler. Un prodotto *completamente* sconosciuto tanto che anche su internet non se ne trova traccia. Per fortuna ho ancora la confezione e la cartuccia originale per sfatare i dubbi circa una mia precoce demenza senile. Era un assembler portentoso, velocissimo, fornito di un IDE molto potente (per i tempi). Un altro pianeta rispetto a tutto quello visto fino ad all'ora.
Edna Professional Assembler
VIZA Software
Edna Professional Assembler, non l'ho mai sentito nominare e come hai giustamente sottolineato tu, nemmeno in internet si trovano informazioni a parte quelle presenti in un sito che l'ha incluso in una Wanted List. Ulteriore esempio di come su internet sia disponibile molto, ma non ancora tutto.
Come ne eri venuto a conoscenza e che canale hai utilizzato per acquistarlo?
Anche in questo caso la memoria vacilla... Come ne fossimo venuti a conoscenza lo ignoro totalmente ma credo, se quei due o tre neuroni rimasti non mi ingannano, che lo ordinammo dalla Lago (ovviamente per posta) utilizzando l'apposito tagliandino che si trovava tra le pagine di Zzap.
Torniamo alla tua carriera. Ti sei dimostrato molto eclettico realizzando nella maggior parte dei giochi oltre alla programmazione anche il gameplay, la musica e la grafica. Si trattava di una esigenza nata dalla mancanza di artisti e collaboratori oppure è stata una tua precisa volontà ?
Per quanto riguarda la grafica e il gameplay è stata sicuramente un'esigenza. Anche se per i titoli realizzati per la Genias e per l'Idea ci siamo avvalsi di grafici fornitici direttamente dalle Software House, per i primi titoli non c'era scelta; erano tempi in cui l'uso del computer (anche solo per giocare) era poco diffuso, figuriamoci trovare dei pixel-artist con le competenze necessarie...
Per quanto riguarda la musica invece è stata una scelta: l'unica cosa di cui vado "fiero" di quello che ho realizzato in quegli anni (sempre entro certi limiti) è stato il fatto di essere probabilmente l'unico italiano ad avere scritto delle routine musicali in grado di rivaleggiare, in termini di qualità sonora, con quelle eccezionali usate dai Maniacs of Noise, Rob Hubbard, Martin Galway ecc. Al tempo c'era già gente in gamba tra i compositori italiani, ma tutti usavano tool sonori di "terze parti" (Sound Monitor & co.) Io infatti ero molto interessato al lato tecnico della faccenda ma la qualità dei pezzi da me composti, in termini musicali, era piuttosto scarsa.
Interessante, puoi approfondire meglio la scelta di questo approccio alla composizione delle musiche?
In quegli anni ero molto appassionato di musica elettronica e di sintetizzatori. Il MOS 6581 (SID) era un processore molto evoluto per l'epoca ed era possibile spremerlo per benino per fargli produrre suoni estremamente interessanti. Per un programmatore appassionato di musica elettronica non poteva esserci nulla di meglio di avere a disposizione un "sintetizzatore" così potente e contemporaneamente un computer con cui "controllarlo". Erano anni in cui i sequencer software erano agli albori, la maggior parte dei sintetizzatori prevedeva l'utilizzo di levette, bottoni e potenziometri per poter essere configurati. La possibilità di poter modificare l'evoluzione di un suono in tempo reale attraverso degli algoritmi era qualcosa di nuovo ed affascinante (quantomeno nel campo dell'home computing).
Abbiamo avuto un discreto numero di programmatori in Italia, ma la maggior parte non ha continuato a lavorare in questo campo. Come sei riuscito ad effettuare la transizione tra il periodo del C64 fino al periodo attuale?
Ad essere sinceri anche a livello internazionale la maggior parte dei programmatori dell'era 8-bit non ha continuato a lavorare nell'industria, oppure ha continuato ma con ruoli differenti. Questo è dovuto principalmente all'abissale differenza nel modus operandi e nelle conoscenze richieste nel programmare un gioco al giorno d'oggi e nel programmarlo nella propria stanzetta o mini-ufficio 20 anni fa. Io stesso ho avuto grandissime difficoltà quando è avvenuto il passaggio dal 2D al 3D, nel caso specifico quando sono passato dalla programmazione su Super Nintendo a quella su PC.
Non solo sono cambiati i linguaggi di programmazione, la complessità dei progetti, il numero di elementi del team, l'organizzazione dell'industria del videogioco eccetera ma le conoscenze richieste sono diventate enormi: matematica, fisica, intelligenza artificiale, capacità di lavorare in team e via discorrendo. Tutte cose lontane anni luce dal modo di lavorare autarchico che utilizzavano anche i grandi nomi dell'epoca (Andrew Braybrook, Martin Walker, Jeff Minter eccetera). Quindi non c'è da stupirsi se in Italia pochi abbiamo effettuato la transizione: già eravamo pochi fin dall'inizio, aggiungici queste difficoltà... Molti hanno saggiamente pensato fosse meglio fare altro!
Iniziare progetti che poi non vedono la luce per varie ragioni è una cosa piuttosto normale per un creativo. C'è qualche gioco che hai iniziato e che è rimasto bloccato ad una fase più o meno avanzata di sviluppo?
Se parli limitatamente al periodo del C64 sicuramente si, molti! Almeno un paio di Avventure Testuali (mi appassionava la realizzazione di un parser molto complesso) abbandonate per mancanza di idee circa il soggetto. La versione elettronica di un gioco da tavolo di cui non mi ricordo il nome, abbandonata perché c'era troppa grafica da fare e non ne ero in grado, e altre decine di giochi di tutti i generi cominciati con i migliori intenti e mai portati a termine... Da giovani si è estremamente volubili...
Hai rivelato di avere intrapreso anche la programmazione di Avventure Testuali, quindi hai anche sperimentato molte tipologie di videogiochi diversi tra loro: Sparatutto, Giochi da Tavolo, Giochi di Corse, di Calcio. Cosa ne pensi dell'evoluzione che ha portato alla scomparsa commerciale di molti generi in auge negli anni '80?
Penso che sia giusto così. Aldilà di una comprensibile visione nostalgica bisogna tenere presente che molti dei generi che esistevano in quegli anni (in particolar modo le Avventure Testuali) non nascevano per una precisa scelta stilistica ma piuttosto per adattarsi alle enormi limitazioni tecniche che contraddistinguevano gli home computer dell'epoca. In pratica bellissime avventure come quelle della Magnetic Scrolls o della Infocom non potevano essere fatte in nessun altro modo; se non grazie all'ausilio del testo e di poche schermate grafiche non era possibile ricreare con un computer quegli scenari e quelle situazioni che erano così ben descritte.
Oggi le cose vanno in maniera diversa; la potenza a disposizione è enorme e sarebbe anacronistico rimanere bloccati delle ore in un punto perché non riusciamo a far comprendere al parser quello che vogliamo fare... Certo sarebbe interessante se ci fosse stato uno sviluppo esponenziale nella capacità di comprensione da parte del computer (sarebbe bello un gioco in cui si può fare veramente tutto quello che si vuole, anche solo attraverso il testo), ma qui entriamo nel dominio dell'intelligenza artificiale, della comprensione della lingua e del contesto e in quel campo, purtroppo, non sono stati fatti grandi passi avanti rispetto agli anni '70.
Hai lavorato per le maggiori Software House italiane, Systems Editoriale, Genias e Idea Software. Quali differenze esistevano tra loro e come è avvenuto di volta in volta il passaggio tra una realtà e l'altra.
Systems Editoriale era principalmente una casa editrice e quindi il loro approccio come publisher di videogiochi era piuttosto atipico. Almeno per quanto riguarda i prodotti realizzati da noi non erano coinvolti in alcun modo nella fase di produzione, gli portavamo solo ed esclusivamente il prodotto finito.
Genias era una via di mezzo: seguiva più direttamente la lavorazione ma il loro apporto era comunque molto superficiale. Ci mettevano in contatto con i grafici e controllavano lo stato del gioco in qualche sporadico incontro a Bologna. Eravamo comunque lasciati più o meno a noi stessi quando si trattava di argomenti quali la qualità generale del prodotto, in termini di giocabilità, di features ecc. Più o meno il gioco doveva avere determinate caratteristiche ma non erano particolarmente interessati a come venissero implementate o se fossero realmente utili ai fini del divertimento. Avrebbe funzionanto se avessero avuto a che fare con professionisti di lunga data, ma noi purtroppo eravamo "ingenui" quanto loro...
Idea era invece una realtà che già si stava muovendo (a piccoli passi) verso un approccio più professionale allo sviluppo. Il merito è da imputarsi sicuramente ad Antonio Farina che poi col tempo ha dimostrato le sue capacità manageriali con Graffiti e in seguito con Milestone. Nonostante questo, lavorare a distanza (aspettando che il corriere consegnasse il dischetto con la nuova grafica o spiegando le problematiche tecniche al telefono) in un'epoca in cui internet non aveva ancora rivoluzionato il mondo era molto difficile e la qualità dei prodotti ne ha sicuramente risentito.
Secondo la tua esperienza, In Italia, abbiamo avuto vere e proprie SH ingrado di sostenere i creativi e fornendo aiuti e mezzi oppure si trattava per lo più di aziende di confezionamento e distribuzione, con i programmatori abbandonati a sè stessi durante la fase della realizzazione?
Fondamentalmente ti ho già risposto poco sopra :) Se pensi poi che questo è parzialmente vero ancora oggi (le realtà italiane nell'industria dei videogiochi si contano sulle dita di una mano) puoi immaginare come fosse la situazione quasi 20 anni fa.
Hai cominciato curando non solo la programmazione ma anche ideando il game-design dei videogame che hai realizzato, poi nelle tue esperienze alla Genias e alla Idea ti sei trovato a curare solo la programmazione, basandoti dunque su un concept sviluppato da altri. Ti è mai successo, durante lo sviluppo di un gioco, di pensare che forse realizzando in altra maniera una certa idea il gioco sarebbe stato migliore, o comunque di avere la "tentazione" di apportare cambiamenti?
Si, probabilmente la tentazione l'ho avuta e sicuramente l'ho anche fatto :)
E' vero che il concept inziale veniva fornito dalla Software House, ma in realtà a parte alcune caratteristiche decise dal committente (il gioco deve avere una vista dall'alto, il campionato deve essere fatto così, vi devono essere queste squadre ecc.) tutto il resto veniva deciso da noi/me. Quindi mi assumo almeno il 50% della colpa riguardo a quei prodotti ;)
Ad esempio Warm Up è stato un titolo per certi versi "sovversivo" e qualcuno all'epoca ha un po' criticato il metodo di controllo scelto per pilotare la macchinina. Come andarono le cose in questa circostanza e qual è il tuo punto di vista in merito?
Sinceramente non ricordo con esattezza. So solo che proprio in quel periodo c'era un gioco di Formula Uno in sala giochi che aveva esattamente lo stesso sistema di controllo. Non mi ricordo se l'idea di utilizzarlo fu nostra o se invece fosse stata una richiesta formulata da Genias (propendo per questa seconda ipotesi). In ogni caso anche cambiare il metodo di controllo non avrebbe salvato il gioco dalla mediocrità: la giocabilità era comunque approssimativa e la dinamica della macchina (dinamica è una parola assolutamente inappropriata in questo caso) mancava totalmente di profondità.
Parlami un po' del tuo rapporto con il pubblico di appassionati e con le riviste specializzate dell'epoca. Mi riferisco cioè all'accoglienza ricevuta dai tuoi giochi attraverso le recensioni o ai commenti raccolti dai giocatori. C'era un'attenzione su Ivan Del Duca in quanto programmatore italiano che si concretizzava in articoli o interviste? E' cambiato qualcosa recentemente, con l'avvento di internet?
Penso all'epoca di aver "concesso" 5/6 interviste: c'era interesse da parte delle riviste specializzate a spingere e a conoscere il software realizzato in Italia ma non certo alla mia persona in particolare. I rapporti col "pubblico" erano inesistenti. Una volta rilasciato un gioco non se ne sapeva più niente. Come ho ricordato più volte non esisteva internet, non c'era una community, non c'erano recensioni online, niente di niente.
Il cambiamento è avvenuto proprio grazie a internet e ai gruppi di appassionati e "nostalgici" che hanno cominciato a raccogliere tutto il materiale prodotto durante quegli anni pioneristici. Sono stato contattato varie volte da curatori di siti, sia italiani che esteri, per avere informazioni, interviste o permessi di usare questo o quel gioco. Mi rendo conto della curiosità che possa ancora gravitare attorno a quel periodo, anche se sono ben consapevole di non aver fatto nulla di eroico o stupefacente; al tempo facevo semplicemente quello che avrei voluto fare e per questo mi ritengo tutto sommato fortunato.
Un programmatore in Italia non poteva contare su molte realtà imprenditoriali disposte a rischiare pubblicando le sue opere. Si preferiva prelevare all'estero i giochi migliori a costo zero piuttosto che investire sui giovani talenti che potessero realizzare software originale (vedi pirateria da edicola).
La pirateria da edicola è frutto di una certa mentalità prevalente incline a massimizzare i guadagni col minimo sforzo (in barba alla legalità). E' chiaro che in un paese in cui si ragiona in questo modo i pochissimi coraggiosi che hanno scelto di investire per creare delle realtà locali andrebbero insigniti almeno di una medaglia e, sicuramente, senza di loro anche la sparuta schiera di sviluppatori italiani sarebbe praticamente inesistente.
Oggi c'è ancora un buon interesse attorno al Commodore 64, sia da un punto di vista storico che ludico. Ti capita di seguire siti dedicati al Commodore 64 e leggere pareri circa i tuoi vecchi giochi, e con quale spirito?
Ultimamente non seguo molto la scena del retrogaming, comunque ogni tanto capita di trovare il proprio nome citato in un sito piuttosto che in un altro. Mi fa ovviamente piacere e sono felice che ci siano così tante persone di buona volontà che permettano a quel passato di continuare ad esistere, sarebbe un peccato perderlo per sempre...
Inizialmente hai alternato l'attività di programmatore alla scuola e poi al servizio civile. Con che modalità è avvenuto il tuo passaggio a programmatore a tempo pieno?
Il discorso sarebbe lungo, ma essenzialmente il motivo è questo: non sapevo fare altro!
Avevo vissuto per tanti anni dando per scontato che "da grande" avrei fatto il programmatore di videogiochi, e così è stato. La svolta ovviamente è avvenuta quando mi sono trasferito a Milano per unirmi a Graffiti. Negli anni ho lavorato a progetti molto grossi e impegnativi, ho programmato su innumerevoli sistemi, ho avuto tante soddisfazioni e anche tante delusioni. Insomma di acqua sotto i ponti ne è passata tanta ma, in un angolino del mio cuore, neanche troppo in disparte, conservo ancora quello sgraziato amico di plastica e silicio che si chiamava Commodore 64.
Ipotizziamo che tu decida di realizzare oggi un gioco per Commodore 64, ovviamente potresti mettere a frutto la grande esperienza che hai accumulato nel frattempo quindi sarebbe un gioco bellissimo, spettacolare eccetera :)
Innanzitutto sarebbe interessante sapere che genere sarebbe. Insomma, descrivilo...!
Questa è una cosa a cui ho pensato molte volte. Mi piacerebbe soprattutto poter tornare indietro nel tempo e realizzare *allora* dei giochi utilizzando le competenze di *adesso*: potrei garantirmi un futuro da nababbo :) La realtà è che non troverò mai il tempo e la voglia di fare qualcosa per il piccolo computer della Commodore.
Ipoteticamente non avrei nessuna preferenza circa un genere in particolare, mi piacerebbe però fare qualcosa all'altezza degli standard attuali (dal punto di vista dell'accuratezza del prodotto in tutti i suoi aspetti) togliendo quell'aura di amatorialità che avevano la maggior parte dei giochi di quegli anni (e non parlo solo di software italiano).
Ivan, salutiamoci con questa dichiarazione riguardante il futuro e chissà che non possa essere smentita dai fatti. Grazie per aver resistito brillantemente a questo terzo grado, è stato un bel tuffo nel passato.
Articolo aggiornato 1/8/2024