Ancora una volta la letteratura di fantascienza presta idee e soluzioni al videogioco. Nella fattispecie, Impossible Mission costituisce una delle interpretazioni più riuscite del tema del "Professore Pazzo" con annessa la sua mitologia fatta di agenti segreti, bombe atomiche, corse contro il tempo, trappole e robot.
Prima della della solita lista di pregi da tirare in ballo in circostanze simili, vale la pena ricordare come Impossible Mission abbia visto la luce in un periodo in cui i videogiochi "da casa" cercavano di battere strade diverse da quelle proposte dai loro cugini da Sala nel tentativo di aggiungervi una nuova dimensione. Mentre da una parte gli Home Computer non erano in grado di competere con la tecnologia costantemente in evoluzione dei Coin-op, dall'altra potevano permettersi una maggiore sperimentazione, soprattutto nel campo della profondità dell'esperienza ludica.
Se per loro natura i cabinati nascevano come mostri fagocitatori di monetine, il videogioco casalingo poteva permettersi di appoggiarsi a tempi più dilatati e proporre maggiore riflessione, andando spesso oltre al concetto di "perdita della vita". Svincolandosi, in ultima analisi, dalla necessità di far durare una partita il meno possibile.
Impossible Mission tuttavia non rinunciava affatto alla sua componente arcade: c'erano robot da evitare, piattaforme da saltare ed una vasta base da perlustrare a suon di salti mortali e morbide falcate. Ma questi aspetti venivano affiancati da una serie di elementi logici (la ricomposizione dei puzzle), mnemonici (la sequenza musicale) e logistici (il parsimonioso uso dei computer per disabilitare i Robot e ripristinare le piattaforme) che si incastonavano perfettamente nella struttura di gioco.
Impossible Mission si affrancava felicemente dal clichè delle "tre vite". E così, giovani ed incoscienti, ma soprattutto liberi dalla suddistanza del gettone o dalla moneta da 200 Lire, ci si trastullava lasciandosi precipitare nella prima voragine a portata di piede, solo per ascoltare ancora una volta quell'urlo che sembrava uscito da un quadro di Munch. Tra parentesi, ancora oggi a distanza di tempo ci si chiede come facesse l'Agente 4125 a riemergere da quel baratro che, a giudicare dalla durata del grido, doveva essere profondo alcune decine di metri. E' uno dei dettagli che il gioco non spiega, limitandosi a farci ricomparire dal nulla dopo averci inflitto un malus temporale. Certo, non bisognerebbe porsi queste domande prosaiche, in nome della sospensione dell'incredulità ma è più facile a dirsi che a farsi se poi l'atmosfera in cui ci muoviamo risulta in grado di assorbirci come una spugna.
L'analisi ravvicinata rivela un elaborato tecnicamente molto al di sopra della media e mai fine a sè stesso. Le plastiche movenze del protagonista (decisamente fuori scala rispetto agli standard del tempo) e il sonoro dell'ambiente erano perfetti nell'imbastire una angosciante sensazione di claustrofobia, di distacco dalla natura e nel creare quel senso di disperazione che già il titolo suggeriva in maniera non troppo subliminale, mentre nel contempo cresceva il desiderio di esplorare palmo dopo palmo ogni anfratto di un freddo mondo elettromeccanico.
Alla seriosità ed al rigore delle atmosfere in cui il gioco ci immergeva, si contrapponeva il plot in pieno stile trash raccontato dal manuale. Da questi apprendiamo come, in perfetto stile B-Movie, il villain di turno abbia perso la propria sanità mentale per sviluppare un'odio viscerale contro il mondo intero. Il motivo della perdita di senno stava nel tentativo fallito di superare il punteggio di 100 miliardi al suo gioco preferito, Giggling Penguin Invaders From Outer Space In The Vicinity of Ursa Minor - titolo che avrebbe sicuramente fatto commuovere persino Lina Wertmuller. Una premessa di certo poco pertinente e di cui, forse, non si sarebbe sentita la mancanza. Al punto che non è difficile ipotizzare che Dennis Caswell possa essere stato all'oscuro di questa trovata.
Come già accaduto per altri titoli epocali fortemente originali (Archon, Ghostbusters), anche Impossible Mission, giocoforza è rimasto pressochè unico se si esclude naturalmente il caso isolato di Impossible Mission II (sviluppato da un team differente e da considerarsi quindi apocrifo) e non ha dato vita ad un filone.
Tuttavia vi sono molti altri modi di testimoniare l'apprezzamento verso l'arte e per verificare l'impatto avuto da un'opera sui contemporanei: la copia è uno di questi.
Con tutta probabilità Impossible Mission - due sprite ad alta risoluzione sovrapposti e una cariolata di frame - detiene il record di "sprite più rippato nell'universo". Le fattezze e le movenze dell'Agente 4125 si possono infatti ritrovare in una miriade di giochi, a partire da Summer Games I e II che si può considerare un prestito in casa Epyx, seppur all'insaputa del buon Caswell. Senza dimenticare nemmeno i due Kane (Mastertronic) in versione cow-boy e Alien, un titolo oscuro pubblicato da CP Verlag nel 1991 e che invece ripropone il nostro in versione femminile con chioma fluente.
Persino il già menzionato seguito, sviluppato 4 anni più tardi dallo studio ungherese Novotrade riprende tale e quale sprite ed animazione (sopresa! sorpresa!). Segno inequivocabile che, snaturamento del personaggio a parte, non era umanamente possibile fare di meglio nonostante i progressi nel campo della pixel art compiuti nel lasso di tempo che separa i due titoli.
Uno degli aspetti prominenti del Commodore 64 è stata l'incredibile longevità che ha permesso alla macchina di essere sfruttata in lungo ed in largo, raggiungendo periodicamente nuovi traguardi che inizialmente non si pensavano possibili. Si è assistito così man mano all'uscita di titoli che hanno rappresentato un turning-point, e che lo hanno portato ad una consapevolezza superiore influenzando ciò che è venuto dopo.
E senza dubbio Impossible Mission appartiene a questa categoria.
Riferimenti
Intervista a Dennis Caswell
Scansioni del manuale su SFODB.com: Originale Epyx - Versione Budget Ricochet