Il videogioco mi ha sempre affascinato e con il tempo, oltre a vivere l’esperienza ludica di ogni singolo titolo, mi sono messo ad approfondire tutto il fenomeno culturale in esso generato e in specifico, ovviamente, tutto ciò che riguarda il Commodore 64. Riviste e magazine non sono mai mancati ma negli ultimi anni ho trovato piacevole che autori di primo piano mettessero su carta le loro esperienze di vita per conoscenza e divulgazione. Grande soddisfazione è stato l’acquisto del libro di Ivan Venturi, “Vita di Videogiochi: Memorie a 8 bit”, che raccoglie interessantissime storie che riguardano sia lui che uno dei più importanti sviluppatori italiani di giochi per Commodore, ovvero la Simulmondo. Tra le pagine del libro, senza rivelare dettagli o motivazioni che invito a scoprire, mi ha stupito la storia legata a questo titolo di scacchi che si scopre essere non originale, ma una trasfigurazione di MyChess II della Datamost (1984). I vari nomi riportati in game come Giovanni Tamburi, Sebastian Huber e lo stesso Vladimir Grigorev sono tutti di fantasia. Il lavoro creativo e di potenza computazionale scacchistica resta da attribuirsi pertanto ai legittimi autori, Walter Hochbrückner e David Kittinger, con l’ingresso di Venturi come co-grafico per la modifica dell’aspetto di quest’ultima. La base realizzativa parte dall’edizione a cassetta del gioco Datamost e in specifico al lato B dove è presente questa versione in 3D; per conoscenza il lato A ha la sola versione 2D, mentre l’edizione disco presenta molte altre funzionalità, qui non utilizzate. Tridimensionalità naturalmente sulla carta in quanto ci sarà concesso solo la visione isometrica della scacchiera da 4 lati (opzioni CRTL R e T) e non sarà possibile ruotale o angolare la telecamera in base ai propri bisogni. Le uniche aggiunte, non presente nell’originale, sono l’inserimento del tasto SPACE che permette di cambiare colori sia alle pedine che alla scacchiera e l’aggiunta di un artistico capitello a sorreggere il piano di gioco con un panorama di montagne rocciose sotto un cielo blu. Considerando i miei commenti verso altri titoli sarebbe ingiusto applicare il principio di “due pesi e due misure” per rispetto di Ivan che considero un grandissimo professionista, pertanto debbo aderire al mio solito metraggio, magari con in testa l’idea che sia opera proprio di questo ipotetico “Giovanni Tamburi” ed applicare un giudizio negativo per questo titolo che è stato colto, leggermente abbellito e rivenduto con una firma diversa.