Recensione di Kalabur


Copertina di Kalabur
Editore
Edizioni Hobby
Anno
1986
Genere
Avventura Testuale, Grafica
Scheda gioco
Recensore
Roberto
Pubblicata il
30 novembre 2023
Voto
4/10
Media Utenti
5/10


La prematura scomparsa degli autori Arscom ci lascia con l'amaro in bocca e ci impedisce di ricostruire una parte importante della nostra storia ludico-informatica. Ci sono stati tramandati un pugno di articoli pubblicati su riviste specializzate, qualche sparuta intervista dell'epoca ed un corposo giacimento di software da analizzare e valutare in prospettiva; su questi aspetti dovranno necessariamente convergere i nostri sforzi. 

Tra i più originali ed ambiziosi giochi di avventura realizzati dal duo genovese, spicca senza dubbio Kalabur (Epic 3000, numero 4). Presentato nell'editoriale con l'espressione "una sorpresa destinata ad entusiasmare", risulta evidente come gli autori puntassero decisamente su questo titolo, forti di una serie di innovazioni introdotte nelle regole di gioco standard finora utilizzate.

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Kalabur si fregia della (autoconferita) dicitura ROLE PLAY (sic!), adattata in italiano con l'espressione "Gioco d'Esperienza", offrendo all'interno dell'avventura la possibilita' di interpretare in successione tre distinti personaggi: Gnomo, Elfo e Mago. Tuttavia il termine "esperienza" non sarà riferito alla crescita dei personaggi come siamo abituati a concepirla oggi, numericamente quantificabile, ma all'esperienza personale ed umana del giocatore nell'interpretare i tre distinti personaggi...

Con queste premesse ci addentriamo nel mondo costruito per noi alla ricerca della spada appartenuta al Gran Re Jorgunk, appunto "Kalabur".

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Cominciamo l'avventura nei panni di un Goblin (?) travestito da Babbo Natale

Subito notiamo come la locazione di partenza non abbia un nome che la identifichi: "Salve Goblin ad est c'è una grotta...". Sembra quasi di non trovarsi in un luogo fisico ma in uno stato dell'anima. In compenso ci viene fornito l'elenco delle direzioni disponibili: Est. In realtà è possibile andare anche a sud verso la Grotta dell'illusione ma questa scelta conduce alla morte perchè siamo ancora nella nostra incarnazione di Goblin, o presunto tale. Dobbiamo procedere nell'avventura, venire elevati al personaggio successivo, l'Elfo, prima di poter fare questo passo. Restiamo perciò nel tracciato e dirigiamoci verso la direzione indicata.

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I graffitari non risparmiano nemmeno il regno di Mordor

Notiamo subito che questa locazione è denominata "Interno Grotta". Un po' genericamente... ma pur sempre qualcosa. Inspiegabilmente però si perde subito l'omogeneità delle descrizioni rispetto alla prima schermata: qui non vengono indicati i punti cardinali a nostra disposizione. Questa linea sarà presente per tutto il corso dell'avventura e non resta che prendere atto della scelta stilistica adottata, consapevoli che disegnare una mappa sarebbe stato a prescindere necessario.

Muovendoci ulteriormente ad est troviamo un DADO. Questo oggetto è sottoposto ad una funzione casuale. Semplicemente esaminandolo (ESAMINA DADO) oppure raccogliendolo, possiamo ricevere due descrizioni distinte che variano in base alla nostra fortuna. Nel primo caso "una forza ci aiuta" e restiamo vivi, nel secondo ci vengono "tolte tutte le forze" e perdiamo la vita. 

Questo incipit riassume tutto il disagio che siamo soliti ritrovare disseminato nelle produzioni Arscom e che si può riassumere in un concetto: l'assenza di logica negli enigmi. Pur apprezzando la volontà di movimentare l'avventura introducendo innovazioni e mutuando idee e spunti da altri generi, non si può che constatare come l'esperimento non sia perfettamente riuscito. Sarebbe stata forse preferibile una presa di coscienza dei limiti entro cui le precedenti avventure erano state sviluppate e cercare di porvi rimedio, riconsolidando gli stilemi del genere. Nessuno del resto ha imparato prima a correre e poi a camminare.

Se finora avevamo registrato una serie di problematiche legate alla caccia al verbo, all'assenza di sinonimi, al ricorso a termini desueti, in questa circostanza la problematica viene esacerbata da un'esperimento decisamente poco riuscito quale l'introduzione della casualità.

Ripartendo dall'esempio del dado, ricorriamo anche una volta alle istruzioni per apprendere che: "Può capitare a volte che digitando le risposte giuste, il computer non le accetti suggerendovi di ritentare".
Impossibile non rendersi immediatamente conto di come l'inserimento di questa componente tolga ulteriore potere al giocatore e lo costringa di fatto a  digitare due o più volte lo stesso comando sottoponendolo ad un frustrante Trial & Error. La presunta novità si riduce di fatto ad una evitabile perdita di tempo. Ancora una volta priva di logica poiché non c'è motivo per cui lo stesso fenomeno produca ogni volta esiti differenti.

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C'è una piuma rossa. Prendo piuma. Non conosco la parola piuma.
Il parser arranca.

La contingenza sarebbe già irritante se presa da sola ma se pensiamo che il prezzo da pagare è la morte, con conseguente necessità di ricominciare, allora il quadro assume contorni preoccupanti. Fortunatamente esiste il SAVE e la presenza dei personaggi funge anche da checkpoint. Morte che comunque viene dispensata con grande leggerezza. Raccogli un sasso: ti toglie le forze e muori. Raccogli una rosa: ti pungi e muori avvelenato, vai a sud, torni a nord e muori: escursione termica?
Si muore con sconvolgente normalità, per aver preso la direzione sbagliata, per aver digitato male una parola o per un capriccio del destino.

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Il secondo personaggio, l'Elfo. 

Non è certamente la prima volta che in una Avventura Testuale si cercano di introdurre elementi di profondità come il trascorrere del tempo, l'alternanza giorno/notte ad esempio, oppure che introducono la presenza e conseguente gestione dei personaggi. The Hobbit (1983) era popolata da Gandalf e Thorin (NPC si direbbe oggi) che entravano ed uscivano di scena e con i quali era possibile dialogare. Le avventure Questprobe consentivano di interprerare differenti personaggi Banner/Hulk (Hulk, Adventure International 1984) e The Human Torch/The Thing (Adventure International, 1985), da utilizzare in base alle esigenze della trama.

Qui il passaggio tra entità diverse è collocato su un binario predefinito, avviene su decisione del programma, non può essere modificato direttamente e non influisce in alcun modo nella risoluzione dell'avventura eccetto fare la differenza tra la vita e la morte quando si accede a determinate locazioni con il personaggio inadeguato. 

Questo nonostante la novità venga presentata dagli autori come un vantaggio per il solutore in quanto "immedesimarsi in tre personaggi invece che nel canonico eroe solitario, richiede molta più intelligenza". Sempre proseguendo in questa logica, dovremo riuscire a calarci in ben tre psicologie per riuscire a risolvere l'avventura. Sono ragionamenti che paiono un po' forzati e che comunque vengono smentiti dall'esperienza di gioco.

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Kalabur ha una propria mitologia dove i Goblin e gli Gnomi, creature ontologicamente distinte, sono la stessa cosa. Dove gli Elfi sarebbero più grandi, più intelligenti e più dispettosi dei Goblin. Nulla di mortale ma sufficiente per far storcere il naso ai puristi.

La maggior parte delle avventure Arscom sono seriali (Byteson, Hanter, Lynch, eccetera), Kalabur invece costituisce un episodio a sé stante. Inizia e finisce qui, Alfa e Omega dell'innovazione, trascinando con se' nell'oblio i suoi propositi di riforma che, a quanto ci risulta, non verranno mai né riproposti né ampliati.

Sorvolando sulle ingenuità presenti, apprezziamo almeno il tentativo di dare uno scossone all'ambiente delle Avventure Testuali italiane seriali, mentre al contempo non possiamo fare a meno di domandarci come sarebbero state le avventure Arscom se non fossero state sottoposte a ritmi forsennati dettati dalle scadenze mensili.

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