A volte si avverte l'esigenza di tornare alla ricerca delle proprie origini, imboccando la strada che conduce all'esplorazione di mondi geometrici che sprofondano la memoria in labirinti dimenticati. Tali viaggi alla riconquista della propria innocenza non necessariamente sono destinati a riservare sorprese.
A volte possono essere portatori di cocenti delusioni ed esporci al rischio di falsi ricordi ma non è questo il caso, perché il fondamento di Crossfire risiede nella sua ostentata essenzialità che ci mette in una certa misura al riparo da possibili distorsioni notalgiche.
Siamo in Italia, è il 1983. Crossfire, al pari di tanti colleghi, veniva scaraventato nell'immenso calderone della produzione pirateggiante, in balia di sé stesso, privato non solo dei legami parentali e dunque identitari, ma anche di qualsiasi riferimento che potesse aiutare a contestualizzarne le vicende. Può essere curioso scoprire a distanza di tempo come i semplici quadrati all'interno dei quali siamo chiamati a muoverci, siano in realtà quartieri e che tutto lo schermo di gioco rappresenta la porzione di una città. Invasa, manco a dirlo, dai soliti malintenzionati galattici.
Gli ostili si adeguano alla legge dell'astrazione, di volta in volta incarnandosi in semplici forme geometriche vagamente incoerenti tra loro. I primi tra questi a debuttare sulla scena, richiamano la forma dei dischi volanti e quando distrutti lasciano spazio ad altri a guisa di virus. I quali a loro volta sono sostituiti da una razza di pomodori antropomorfi - tutt'altro che innocui a scapito del loro buffo aspetto.
Una volta obliterati anche i pomodori cominceranno a darci la caccia all'interno della toponomastica perfettamente simmetrica e squadrata alieni a forma di maschera, simili ad inquietanti macchie di Rorschach. Quando tutti gli invasori sono stati distrutti e hanno completato il ciclo delle reincarnazioni, il canovaccio si ripete all'infinito come da tradizione, ovviamente incrementando le difficoltà attraverso l'aggiunta di handicap.
A movimentare il gameplay si aggiungono i bonus di punteggio da collezionare e la gestione dei proiettili, che non sono infiniti, e vanno periodicamente ripristinati raccogliendo i caricatori che compaiono sulla mappa quando le nostre scorte stanno per esaurirsi.
Uscito appena un anno dopo il rilascio dell'arcade Eyes (Rock-Ola) e di Robotron 2084, Crossfire indubbiamente ricorda la struttura labirintica del primo, portandola all'estrema conseguenza, rimuovendo cioè la presenza di punti ciechi e privandoci della possibilità di avere le spalle coperte. Ad esclusione degli angoli, qualsiasi posizione si assuma all'interno della griglia infatti ci sottopone al fuoco incrociato che arriva dalle quattro direzioni. Tutto reso ancor più difficile dall'impossibilità di fermarsi a metà tra due costruzioni per cercare di ottenere un riparo.
Il sistema di spostamento e fuoco indipendente invece risulta chiaramente mutuato da Robotron ed è gestibile sia utilizzando esclusivamente il Joystick oppure affiancandogli l'utilizzo della tastiera per sparare nelle quattro direzioni.
Occorre però andare ancora più a ritroso nel tempo per individuare in Targ (Exidy, 1980) la vera fonte di ispirazione alla base di Crossfire.
Targ. Immagini tratte da mamedev
Il connubio e le novità funzionano e Crossfire è la dimostrazione che le idee prevalgono sulla tecnica. Anche senza ricorrere a complesse routine di programmazione e utilizzando appena una manciata di blocchi su disco è possibile realizzare un gioco in grado di elevarsi un gradino sopra la massa.
Per contro va anche sottolineato come avrebbe probabilmente giovato una maggiore varietà almeno per quanto riguarda la cromaticità dei livelli. Notevole l'accompagnamento sonoro, incalzante e galvanizzante; una variazione sul tema di Peter Gunn messa a punto con una perizia tecnica e stilistica difficilmente riscontrabile in altri titoli del periodo.
Nel 1994 Cosmos Design realizza un remake omonimo che si colloca tra il plagio e l'atto d'amore. Nel tentativo di ammodernare il piccolo classico propone un adeguamento grafico che però risulta troppo sovraccarico alla vista e nonostante le innovazioni apportate tramite l'implementazione di un sistema di power-up e la (notevole) modalità a due giocatori, ad oltre un decennio di distanza non riesce a superare in efficacia l'originale, che mantiene intatto tutto il suo carisma.