Finchè Commodore Buiness International ebbe un reparto marketing degno di questo nome sostenne le proprie macchine affiancandogli un parco software che consentisse ai primi utenti di sfruttare il giovani C64. Col passare del tempo, mentre prendeva piede una miriade di sviluppatori indipendenti, la produzione venne progressivamente sospesa, lasciandoci in eredità un cospicuo numero di esemplari di qualità altalenante.
Dancing Monster è un pò la dimostrazione che non tutte le ciambelle riescono col buco, tuttavia è lecito supporre che la cosa fosse messa in conto.
Le pubblicità che apparivano in TV e sui giornali mostravano decine di custodie affiancate a formare una colonna allungata in prospettiva che proseguiva a perdita d'occhio per poi sparire lontanissimo all'orizzonte. Strizzando l'occhio ai titoli di Guerre Stellari e lanciando subliminalmente un chiaro messaggio di moltitudine, facendo intendere che c'era soltanto l'imbarazzo della scelta tra i giochi e le applicazioni disponibili.
In quest'ottica, titoli come Dancing Monster tornavano utili allo scopo di gonfiare aritmeticamente l'offerta. Soltanto in un secondo momento, valutandoli singolarmente, ci si poteva rendere conto che non è tutto oro quello che luccica. E' altresi vero che gli standard qualitativi erano più bassi negli anni '80 e la presenza di giochi dal gameplay debole era più tollerata. Anche se si storceva il naso di fronte alla pochezza di certe situazioni, raramente si arrivava ad alla sollevazione popolare.
A ben vedere la scelta commerciale basata sulla quantità è l'esatto opposto di quella affermatasi in seguito, quando SEGA o Nintendo cominciarono a supportare il proprio hardware con giochi di ottima fattura, introducendo tra l'altro il concetto di Mascotte. Un What If interessante, occasionalmente discusso nei forum, è il seguente: quale potrebbe essere una mascotte ideale per il Commodore 64?
Le proposte generalmente sono le più disparate ma è praticamente impossibile arrivare ad una conclusione che accontenti tutti. La vita del C64 è stata infatti talmente lunga che pochi coloro che l'hanno vissuta dagli albori fino alla tramonto. Chi nel 1984 si esaltava con Bruce Lee o Wizard of Wor, probabilmente si era già stancato di seguire l'evoluzione del software quando vennero rilasciati titoli come Turrican o Creatures. Per contro, chi è approdato al Commodore 64 successivamente, probabilmente farà più fatica ad apprezzare la grafica grossolana dei primi anni '80.
Ma ci sono altre considerazioni da fare. Se mai il C64 avesse avuto una mascotte, questa sarebbe stata scelta tra i giochi targati appunto Commodore, non sarebbe certo stata appannaggio di una software house indipendente.
Un inconveniente tecnico non di secondo piano è dato però dal livello della qualità artistica dei primi anni. Come si è già appena osservato, infatti, inizialmente non si erano ancora esplorate a fondo le possibilità grafiche offerte dal VIC-II e i primi sprite si presentavano tutto sommato grezzi, molto stilizzati e praticamente privi di qualsiasi accenno di dithering che invece venne ampiamente adottato in seguito. Ne consegue che il tentativo di realizzare una Mascotte avrebbe dato risultati insoddisfacenti.
Una cosa è certa, il protagonista di Dancing Monster non aveva le phisique du role per rivestire questo delicato incarico. La strada intrapresa gli anonimi Dekany e Baan è infatti quella del mostro deforme, che varrà succesivamente percorsa con successo sugli 8-bit tramite Hunchback, Quasimodo e relativi spin-off. La figura di Dancing Monster sembra però richiamare più da vicino, in maniera invero esecranda, la tragica figura di Joseph Merrick portata sullo schermo nel 1980 da David Lynch (The Elephant Man). Qui si narrava la storia (vera) dello sfortunato cittadino inglese vissuto nella seconda metà dell'800 e affetto da una gravissima forma di malattia che gli trasfigurava il corpo.
Alla resa dei conti il protagonista è circa lo stesso ma i pixel del Commodore 64 erano abbastanza grandi per fornire all'insieme un aspetto fiabesco e fantastico, in altre parole totalmente caricaturale. E' questo uno degli effetti collaterali della grafica ad 8-bit, riuscire a rendere ridicola qualsiasi trasposizione che sarebbe indigesta se realizzata con il fotorealismo di cui sono capaci i processori moderni.
Con queste premesse anche l'idea di sparare ad un essere deforme riesce ad essere accettata normalmente ed anzi essere (quasi) fonte di ilarità, sebbene non si contraddistingua certo come gemma di politically correctness.
Nel circo barnum della ludografia dell'epoca Dancing Monster non spicca nemmeno per brillantezza: l'idea di base è sicuramente immediata e divertente (ci troviamo qui al cospetto di un crosshair bello e buono) ma una serie di difetti ne minano le velleità di riuscita.
Se da un lato avrebbero sicuramente giovato una migliore cura degli sfondi (eufemismo per dire che sono totalmente assenti), dall'altro si sente enormemente la mancanza di una serie di livelli, o "mostri" successivi da battere in sequenza che avrebbero dotato il titolo di maggiore longevità, profondità e di un fine, fornendogli almeno un senso di progressione.
L'unica variazione presente è la velocità con cui il protagonista si muove e si rigenera, selezionabile ad inizio game con i tasti funzione, ma sembra troppo poco per fungere allo scopo e aumentare l'interesse. A maggior ragione se pensiamo che l'aumento di velocità e quindi di difficoltà non si traduce automaticamente in maggiore senso di sfida, casomai di frustrazione.
Non sappiamo chi sia questo uomo elefante che saltella tristemente sullo schermo. Siamo in un circo? Oppure all'interno di quel tristo involucro si nasconde un eroe che un tempo poteva essere definito "umano"? Niente di tutto ciò: manuale alla mano, l'uomo elefante altro non è che una meravigliosa pulzella vittima di un sortilegio del mago cattivo di turno. Dancing Monster non si discosta dal clichè "salva la principessa" ma invece di riciclarlo per l'ennesima volta mettendoci nei panni di un cavaliere, lo sovverte. Tanto che, in fin dei conti, occorre sparare alla donnicciuola. La cui unica ragione di vita è - ovviamente - quella di saltellare per il nostro sollazzo e fungere da bieco freak stereotipato.
Tuttavia alla lunga il rapporto giocatore/vittima parrebbe ribaltarsi. Il mirino è tremolante, insicuro, impreciso. Il nervosismo cresce, la mira è ancora più difficile mentre l'odiato soggetto delle nostre mire - invece di reagire con smorfie di dolore alle nostre stilettate - ci irride mentre le sue appendici continuano a ricrescere.
Davanti a Dancing Monster ci si concentra, si freme, ci si impegna e si suda, ma alla fine la sensazione che se ne ricava è quella che in fin dei conti davvero non ne valga la pena.
La rivincita dei nerds resta sempre uno spunto interessante. Giudizio finale: Balla bene chi balla ultimo.