Tanti ingranaggi che girano, piccole creaturine dispettose da eliminare, famose località e monumenti da visitare vi ricordano niente? Ebbene, siamo riusciti a rintracciare il programmatore di Clik Clak, Simone Balestra, che ci racconta un pò di sé e del suo passato da "ragazzo di campagna" e intraprendente programmatore.
Naturalmente ci interessa sapere come ti sei avvicinato ed appassionato al mondo dell'informatica. Raccontaci le tue prime esperienze a riguardo.
Fin da bambino sono stato sempre attratto dalla tecnologia, in particolare ero affascinato dai computer perché pensavo fossero macchine pensanti, con le quali si poteva fare qualunque cosa. Erano gli inizi degli anni '80 ed io frequentavo le scuole medie in un paesino in provincia di Ferrara, praticamente ero un ragazzo di campagna e questo poteva giustificare parte della mia ingenuità, il resto della colpa era della televisione e del cinema.
All'epoca c'era il Commodore Vic20, non ricordo bene come sono venuto a conoscenza della sua esistenza, so solo che era il mio oggetto del desiderio, un gioiellino tecnologico venduto ad un costo inaccessibile per le tasche dei miei genitori. Dovetti aspettare due anni prima di mettere le mani su quella favolosa tastierona. I miei genitori con grossi sacrifici, lo comprarono al prezzo di 199.000 lire, e fu il regalo di promozione delle scuole medie per me e mio fratello.
Più in generale ricordi qualche videogame a cui, in quegli anni, ti sei appassionato in modo particolare?
A nessuno in particolare, però posso dire che di aver giocato molto. Il primo videogame a cui ho giocato è stato Moon Cresta! Ricordo che tutte le domeniche andavo al bar per giocarci, spendendo tutta la paghetta settimanale. Ho scoperto le sale giochi un pò più tardi, forse perché nel mio paese non erano ancora presenti, comunque non le ho mai frequentate molto, specie dopo l'acquisto del Vic20... e poi la paghetta settimanale dovevo investirla nell'acquisto del C64.
Com'è nato il tuo interesse per la programmazione? Di quali risorse ti sei avvalso per imparare l'assembly?
La passione della programmazione l'ho sempre avuta, perché volevo fare col computer quelle cose pazzesche che si vedevano nei film. Iniziai a cercare documentazione molto prima di comprare il Vic20, ma purtroppo non era facile. Leggendo qualche libro trovato nella biblioteca comunale, cominciai a sospettare che il computer non era intelligente ma che necessitava di istruzioni scritte nel suo linguaggio.
Tra i vari linguaggi di programmazione, veniva spesso trattato il Basic, ed era quello che dovevo imparare, perché quella parola non mi suonava nuova: l'avevo già sentita o letta da qualche parte in relazione al Vic20. Passai dunque almeno 6 mesi, nell'attesa dell'acquisto, scrivendo ovunque listatoni pieni di PRINT, IF, GOTO e cicli FOR NEXT.
Quando arrivò il regalo di promozione cominciai subito a fare il primo videogioco: un Pac Man dove i fantasmi giravano casualmente e la grafica era fatta usando la mappa di caratteri ridefiniti.
Realizzai anche un gioco chiamato "Ghost Castle" ambientato in un castello infestato da mostri. Il personaggio principale era un omino somigliante a Mario, che saliva le scale per arrivare ai piani superiori fino a raggiungere la principessa. Sviluppare questo game non fu impresa facile, specialmente dal punto di vista grafico, perché le mie uniche risorse erano qualche rivista trovata in edicola e un pò di reverse engineering. Per non parlare del supporto hardware che avevo a disposizone all’epoca: un registratore per salvare i dati e un televisore in bianco e nero... a valvole!
Il linguaggio assembly lo imparai col C64, che comprai circa due anni dopo, rivendendo il vecchio Vic20 a metà del prezzo pagato. Era l'anno 1985 e frequentavo la seconda classe presso un istituto professionale nella città di Ferrara e rispetto al paese in cui vivevo, le librerie erano più fornite. Comprai un libro sul linguaggio macchina, di cui però non ricordo il titolo e che includeva una cassetta contenente un assemblatore-disassemblatore.
Finalmente potevo scoprire cosa si celava dietro quei misteriosi comandi "SYS" che trovavo nei giochi. Chiaramente non fu un percorso senza ostacoli, perché molte cose non erano documentate, una di queste era appunto la grafica. Le mie uniche risorse erano un libro di asm, un registratore, un vecchio televisore a colori ed ovviamente tanta buona volontà e voglia di sperimentare.
Dici bene, "…tanta buona volontà e voglia di sperimentare": ecco gli ingredienti indispensabili per riuscire a realizzare un videogioco. In questo periodo formativo, hai realizzato qualche programma particolare che desidereresti menzionare?
La prima cosa che ho programmato è stato un gioco ispirato a Dragon's Lair, chiaramente ben diverso dall'omonimo laser game. Poi ho realizzato un gioco intitolato Steel Robot, una specie di shoot'em up a scorrimento orizzontale ispirato al coin-op Vastar e infine un monitor assemblatore-disassemblatore; quello che avevo comprato non aveva la possibilità di editare le linee disassemblate, oltre a non avere lo scrolling del disassemblato.
Confesso che realizzare un "monitor" usando un altro "monitor" fu un esperienza un pò strana.
Quindi anche tu, come altri programmatori, sei stato costretto a realizzare un editor fatto "su misura", che soddisfacesse le tue necessità… Ma passiamo ad altro, raccontaci invece com'è avvenuto il tuo ingresso alla Idea?
Verso la fine dell'89, vidi pubblicato su Zapp! un annuncio della software house in questione. Così mandai un demo di un gioco a scrolling orizzontale ambientato nei vasi sanguini del corpo umano e aspettai.
Trascorse qualche mese prima di ottenere una risposta... e solo dopo aver telefonato più volte. Parlai con Antonio Farina, il quale mi disse che c'era un progetto che poteva essermi assegnato e mi avrebbe spedito tutta la documentazione.
Il primo livello di Clik Clak
Raccontaci di Clik Clak, di come è nato il progetto e come è stato sviluppato.
Purtroppo non conosco molto riguardo la nascita del progetto, so solo che io fui incaricato di sviluppare la versione per C64. Una volta contattato da Farina, dovetti aspettare qualche mese prima di ricevere la documentazione.
Ero ansioso di cominciare a lavorarci sopra ed il gioco in sè mi sembrava piuttosto semplice da realizzare, così iniziai a fare la grafica degli ingranaggi e a programmare un primo prototipo giocabile, il tutto in un paio di settimane.
Ricordi in particolare di quali strumenti ti sei avvalso durante la programmazione di questo videogame?
Gli strumenti che ho usato erano modesti ma essenziali. Fortunatamente avevo acquistato qualche mese prima un disk drive usato e un televisore da 15 pollici a colori. Inoltre avevo iniziato ad usare un compilatore assembly invece del solito monitor. Disponevo di una Final Cartridge per il debug, che poi si è fusa verso la fine dello sviluppo.
Puoi raccontarci in che modo era organizzato il lavoro e la collaborazione nel team di sviluppo? Che rapporti c'erano tra di voi? Chi, ad esempio, decideva il design e la struttura di un certo livello?
Non ho idea di chi decidesse il design del gioco, il mio unico referente era Antonio Farina, che ogni tanto mi telefonava per comunicarmi eventuali modifiche o per commentare le versioni che gli inviavo.
Il mio era un lavoro a distanza, cosi come lo era per gli altri collaboratori al progetto, che in realtà erano tre: Vincenzo e Luca Saraceno per la grafica e, verso la fine del progetto, Paolo Galimberti per il sonoro. Internet non esisteva, per comunicare c'era solo il telefono e per la spedizione del materiale c'era il corriere.
Solitamente ci si sentiva telefonicamente per definire qualche dettaglio, poi si attendeva l'arrivo del floppy nel giro di 7-10 giorni. Tutto il processo creava molti tempi morti, specie quando il materiale non era corretto ed andava modificato.
I tempi erano resi più lunghi anche a causa del doppio passaggio, infatti le spedizioni avevano come primo destinatario, Idea a Casciago (VA), la quale poi provvedeva a rispedire al destinatario finale.
Immagino la lentezza nel portare avanti il progetto! D'altro canto a quei tempi… Potresti descriverci una giornata tipo di Simone programmatore di 'Clik Clak'?
Beh, non c'è molto da dire riguardo me stesso programmatore di 'Clik Clak': la programmazione mi ha impegnato solo per i primi due mesi, nei quali ho creato lo scheletro del gioco, mentre il resto del tempo l'ho trascorso integrando la grafica che mi arrivava poco per volta e testando accuratamente i numerosi livelli.
Quali sono state le difficoltà maggiori che hai incontrato durante la realizzazione di questo game?
In realtà non ricordo d'aver avuto grosse difficoltà, forse perché avevo già maturato una buona esperienza di alcuni anni e poi il progetto era relativamente semplice. Inoltre dopo il passaggio dal monitor al compilatore assembler, la programmazione era molto più facile.
Ci sono stati progetti successivi (anche incompiuti o non pubblicati) targati sempre 'Idea'?
Non mi venne commissionato nulla oltre a 'Clik Clak'. Lo sviluppo si concluse verso la fine del '91 o i primi del '92, quando ormai il C64 era in fase di declino.
C'è qualche aneddoto che ci puoi raccontare a proposito della tua esperienza in questa software house? Che atmosfera si respirava? Quali supporti (anche tecnici) e quali strutture erano messe a disposizione del personale?
'Clik Clak' l'ho realizzato su commissione di Idea, della quale ho visto gli uffici una sola volta quando ho incontrato Antonio Farina per discutere del progetto. Ero un collaboratore esterno, lavoravo in casa dei miei genitori e tutte le risorse che ho utilizzato erano mie. Era un modo di lavorare molto amatoriale e ben diverso da quello delle software house straniere, basti pensare che per realizzare tutti i livelli del gioco, ho dovuto guardare le fotografie delle schermate prese dalla versione Amiga.
Deduciamo quindi che anche Clik Clak, come altri titoli Idea, venne concepito su Amiga! Rimanendo in tema, di Antonio Farina cosa ricordi? C'è qualche pensiero (o appunto) che desideri aggiungere in proposito?
Bhè... potrei dire molto di Antonio Farina come project manager e titolare di Milestone, ma preferisco fare un unico appunto: per colpa sua faccio ancora questo mestiere.
Colpa o merito? Noi optiamo per la seconda. Il fenomeno della pirateria, ai tempi del C64, ha creato non pochi problemi anche al mercato videoludico italiano. Cosa ne pensi in proposito?
Nel mercato videoludico, il nostro paese è sempre stato più di un passo indietro rispetto gli altri (europei e non), e la pirateria più che esserne la causa credo un pò ne sia stata la conseguenza infatti all'epoca del C64 era l'unico canale di distribuzione efficiente. Buona parte dei giochi venduti in edicola erano copie pirata col nome cambiato.
Io li compravo perché non avevo alternative, ignorando la loro reale provenienza… del resto erano più colpevoli gli editori che li vendevano alla luce del sole sfruttando una carenza legislativa italiana. I negozi di videogiochi erano inesistenti nei paesi come quello in cui vivevo e rari nelle piccole cittadine. Ricordo che si potevano trovare le ultime novità originali copiate a 10.000 lire. Il C64 non avrebbe avuto il successo dicui ha goduto se non ci fosse stata la pirateria, che ne ha reso più conveniente l'acquisto.
Come, invece, si è chiuso il capitolo Idea e verso quali nuovi lidi ti sei diretto? Hai avuto contatti con altre software house esistenti in quel periodo (es. Genias, Simulmondo...)?
Il capitolo Idea si è concluso molto semplicemente: consegnando il master del gioco e ricevendo il pagamento per la commissione. Dopodochè abbandonai la programmazione del 64, poiché avevo già intuito che quella strada sarebbe presto diventata, ahimè, un vicolo cieco. All’epoca ero dell’idea di non voler trasformare questa mia passione in mestiere che, per quanto divertente, mi aveva fruttato appena 3 milioni (lordi) di vecchie lire.
In effetti, mi sono sempre domandato a quanto potesse mai ammontare il guadagno per un programmatore di videogame e, soprattutto, se fosse proporzionato all’impegno, al tempo investito e alla qualità del prodotto ottenuto. Ma tornando a noi, che iter hai seguito per giungere alla Playstos?
Concluso il capitolo C64, visto che avevo ancora la passione della programmazione, investii subito il guadagno ottenuto da Clik Clak, comprando un amiga 500 e un libro di programmazione Asm ed uno sulla programmazione dell'hardware. Non ci dedicai molto tempo, perché all'epoca studiavo, perciò non realizzai molte cose. Verso i primi del '94, mentre stavo per terminare il servizio civile, venni contattato da Antonio Farina che stava cercando collaboratori per la sua società che poi è diventata Milestone srl.
Accettai l'incarico, studiai il linguaggio C durante i pochi mesi rimasti di servizio civile e mi trasferii a Milano rimandendoci fino alla fine del 2002. Lasciata Milestone, grazie all'esperienza maturata e insieme ad altri ex colleghi, creammo una nostra società. Visto che potevo lavorare da casa, quella era per me un'occasione per stare più vicino a mia figlia Chiara che era appena nata. Purtroppo per avere successo l'esperienza non basta, perciò chiudemmo la società dopo circa un anno.
Tornai a lavorare a Milano all'inizio del 2004 andando in Playstos, dove lavorava Ivan Del Duca, un mio ex-collega di Milestone. In Playstos sono a capo dello sviluppo del motore 3D.
Bene! E' tutto per quest’intervista. Salutiamo e ringraziamo Simone per il tempo che ci ha dedicato!
Riferimenti:
La catalogazione ufficiale di Steel Robot e la relativa scheda con i commenti e i voti dei commodoristi italiani.