Cambiamo pure discorso e riportiamoci a quanto Roberto aveva cominciato a dire, e cioe' che : "le adventure da edicola, ad di la' degli evidenti problemi, sono un argomento interessante da approfondire"...
io trovo che l'aspetto piu' interessante sia costituito dall'essere una storia (italiana) di una bella sfida e, al tempo stesso, una grande occasione persa.
c'e' stato un istante, in quegli anni, dove il formato "adventure da edicola" fu lanciato come possibile intrattenimento seriale. Una specie di passatempo intelligente da includere nelle proprie abitudini, al pari di giocare a scacchi o fare le parole crociate.
O almeno cosi' sembrava...
Gli elementi vincenti c'erano tutti:
- il formato della mini-rivista con cassetta incastrata nel polistirolo. Geniale nel far contenti tutti: economia di realizzazione e valore collezionistico. La copertina era cartonata e con immagini suggestive.
- la formula delle tre mini-adventure, anche questa una bella soluzione per dare varieta', riducendo anche i problemi di realizzazione.
-" l'alibi culturale " anche era pronto: le adventure furono lanciate come prodotto che rinuncia alla facile suggestione della grafica per favorire gli aspetti intelligenti del gioco. Insomma un passatempo che fa bene a mente e cultura, dissero. Pure io ci credevo all'epoca...
-personalmente, io e ad alcuni amici, come studenti del liceo, eravamo attratti dalla promessa della "superiore esperienza" di gioco e ben disposti a collezionare quelle uscite che gia' ci sembravano qualcosa di prezioso.
Insomma le premesse c'erano tutte perche' le adventure da edicola diventassero qualcosa di importante. Se volete, potremmo fare un paragone con la "Settimana Enigmistica" per dire come una formula semplice ma riuscita possa diventare un successo duraturo.
Invece... al dunque, manco' proprio la sostanza!
Cioe' se quelle tre adventure mensili fossero state veramente intelligenti o anche solo abbastanza divertenti, saremmo stati a cavallo.
Invece vidi crescere in me e nei miei amici una progressiva delusione ad ogni uscita. Quelle partite erano insoddisfacenti o piu' spesso frustranti, anche se allora non avremmo saputo spiegare bene il perche'.
Molti, penso, continuarono a comprarle per collezionismo, senza giocarci piu', magari pensando di "recuperare" appena capitava un po' di tempo libero. Ma la realta' e' che, alibi culturale a parte, quelle 3 adventure da risolvere ogni mese sembravano piu' una faticaccia che non un divertimento, come avrebbe dovuto essere.
Cosi' nel giro di un paio d'anni, il fenomeno - che nel frattempo si era gonfiato con numerose collane in edicola - fece repentinamente CRACK.
Gli stessi "editori" che fino ad un momento prima s'erano affrettati per buttarsi nella scia, dichiararono il fenomeno "esaurito" e non se interessarono piu'.
In realta' fu proprio l'immaturita' del prodotto -questa e' la mia teoria- a decretarne il rapido distacco con prematura fuga dell'utente.
La convinzione di improvvisarsi narratori di storie senza pero' avere nessuna esperienza di scrittura.
L'idea di poter imbastire un parser con minime conoscenze di programmazione in BASIC. Magari, riutilizzando sempre lo stesso impianto senza investire nulla per fare delle migliorie nel tempo.
Soltanto anni dopo, ho potuto razionalizzare la cosa: guardiamo una tipica adventure di "next strategy" (che pure e' tra le collane piu' curate a livello tecnico / grafico)
Ma il problema non e' tanto tecnico: e' proprio la trama, i personaggi, il livello stesso degli enigmi che e' inesistente.
La storia dell' home computing, sappiamo che spesso e' stata fatta dai giovani e giovanissimi di allora, non certo dai grandi professori. Anche nel caso della adventure italiane dev'essere stato cosi'.
Il duo Tabacco/Piu, ad esempio, che erano poco piu' che ragazzi. (anche se nelle interviste , secondo me, bleffavano alla grande! )
Ora, quale mai puo' essere il panorama culturale di un giovane, per giunta anni '80?
Lo posso immaginare, visto che pure io ero piu' o meno in quella situazione: tutto quello che era americano era "figo" e il massimo dell'ispirazione era il successo hollywoodiano del momento...
Quindi, proporre un clone di Indiana Jones... e senza neanche approfondire troppo i dettagli!
Capacita' narrative? ...bho!
Gli enigmi?
-...vaghi tra le piramidi azteche e "c'e' una pistola per terra" - "prendi pistola".
Chi l'ha messa li'? come fa a funzionare dopo anni che e' "a terra"? ...Non facciamoci troppe domande!
-Dopo un po' arriva l'indiano, "spara pistola" - enigma risolto!
Un momento... cosa ci fa un pellerossa dell'america del Nord, nel SUD-America ?!?
Bho, dai... sempre "America e' "....
A dirlo oggi fa ridere quanto fosse povero ed immotivato il livello narrativo.
Mi e' capitato invece di ri-leggere un librogame, di quelli che uscivano nello stesso periodo. Il tipo di gioco e' sempre piuttosto elementare... ma qui c'e' uno scrittore adulto, con un minimo di mestiere e si vede un abisso di differenza! Gli enigmi sono semplici ma ben inseriti. La trama e' motivante. Ci sono dei personaggi di contorno, abilmente inseriti, che non servono a nulla ma fanno atmosfera. Anche se e' un libro per 14enni, l'autore inserisce furbescamente anche una "ragazzina carina", tanto per tenere sulla corda il lettore.
Insomma e' un prodotto che ha quel livello minimo sindacale di idee e ricchezza narrativa tala da stimolare fantasia e curiosita'.
Ed e' davvero un peccato non trovare nulla di tutto cio' nelle adventure da edicola. C'e' il computer che risponde ai nostri comandi - e per l'epoca era davvero una grande novita'- ma ovviamente questo non puo' bastare a lungo se il resto manca di spessore ed interesse.
Naturalmente, agli autori dell'epoca non si sarebbe potuto chiedere piu' di quello che hanno fatto... visti i limiti di tempo, budget e soprattutto di (giovane) eta'.
Penso che Roberto, che ha avuto l'occasione di approfondire le cose, si sara' fatto un quadro e potra' probabilmente vedere che e' cosi'.
Pensiamo, ad esempio, al caso "Bonaventura di Bello", 22enne di allora che scrive circa 70 (!) adventure per riempire la collana Explorer. L'editore ringrazia e, a parte questo, nulla fa per aiutare il giovane talento autodidatta a far diventare il prodotto qualcosa di piu' serio e maturo...