Riapro una discussione di tempo fa. Con una ragione: ho scoperto che il mio project leader ha lavorato alla nuova Commodore. E mi ha raccontato storie interessanti: del tipo che il Gravel andava fatto uscire in fretta, che funzionasse o no, e che in effetti non funzionava tanto bene, che gli stipendi tardavano ad arrivare o non arrivavano (non ho capito se ha avuto tutti gli arretrati).
Mi ha anche indicato, al riguardo, un articolo della rivista
Quote di maggio 2008.
Sono riuscito a trovare l'articolo alla biblioteca pubblica, che per fortuna è accanto all'ufficio.
E' interessante. E' in parte una ricostruzione della storia della nuova Commodore (pochi accenni a quella storica, e pure qualche imprecisione, tipo che il C64 era una versione
budget del VIC20), in parte una raccolta di dichiarazioni di persone coinvolte nella faccenda.
Riassunto dell'articolo. Tre imprenditori, Mike Freni, Ben van Wijhe e Chris Schomper, fondono le rispettive aziende, e comprano il marchio Commodore dalla Tulip (per cui van Wijhe aveva lavorato). Nasce così, nel 2005, la nuova Commodore. L'idea appare forte: diventare concorrenti della Apple, fondendo hardware, contenuti multimediali, e presenza in Borsa. Ma iniziano i primi dissapori, e Freni lascia nell'agosto 2005.
Nel 2006, la Commodore annuncia di voler acquistare il distributore Support Plus per 57 milioni di euro. Ma nel maggio 2006 l'affare va in fumo. La Commodore, allora, acquista un'altra azienda, la Phillar. Questa è un'altra causa di controversie. La Commodore non paga la Phillar, e quest'ultima dichiara la vendita nulla. Eppure, la Commodore continua a trattare la Phillar come una controllata.
Nel 2007, la Commodore cerca di piazzare sul mercato le proprie azioni. Non riescono ad incassare abbastanza. La Tulip si offre di ricomprare il marchio, e con esso l'intera azienda, ma anche questo piano fallisce (secondo il CEO della Tulip, "quando cedemmo la Commodore, vendemmo un marchio, ora è un gruppo [...] ma loro volevano solo un finanziamento a breve termine").
I dipendenti non ricevono gli stipendi, e minacciano di far fallire l'azienda. Essa viene salvata da Hendrik van den Hombergh. Tempo dopo, egli stesso ammette che "l'investimento è risultato in una...ehm...delusione".
Il 7 marzo 2008, una sentenza dichiara che la Phillar non è una controllata della Commodore. La Phillar minaccia cause per 9 milioni di euro contro la Commodore per i danni subiti.
In molti si scagliano contro il CEO, Ben van Wijhe, per come sono andate le cose. La lista delle accuse è lunga. Freni: "Voleva avere il potere [...] non ha perso alcuna occasione per infangare il mio nome [...] è la causa del fallimento. Ha conquistato il potere, ma il suo grosso problema è che non ha pazienza. Devi mettere una cosa in ordine, e poi l'altra [...] lui voleva tutto insieme". Un altro: "Gli azionisti venivano teleguidati da lui. Mettevano soldi nella sua holding Vantage Vision, e da lì i soldi andavano alla Commodore. A quanto si dice, trovava gli investitori nella sua cerchia di conoscenti nei caffé di Amsterdam". Osman Gökalp (il suo investimento in Commodore ha perso il 90% del suo valore): "Il racconto di van Wijhe sul business plan era buono. Ma il prodotto non faceva quello che doveva fare, e la dirigenza evidentemente è riuscita a lavorare così male con un nome così buono". Gabor van Vree, CEO della Phillar: "Mi ha fatto vedere [...] una presentazione, nella quale la Phillar era stata acquistata, e nella quale una grossa quantità di dati finanziari non era corretta. Gliel'ho fatto notare. E' andato via un attimo ed è tornato con una presentazione che andava bene. [...] Un paio di settimane più tardi ho sentito che lui, semplicemente, aveva usato la vecchia presentazione per attirare nuovi investitori".
Non tutti la pensano così, van Wijhe respinge molte delle accuse, e, stranamente, pure van den Hombergh non gli rinfaccia niente ("Non aveva la materia sotto controllo in nessuna maniera"). E van Wijhe dipinge un futuro roseo: "Ne usciremo più forti, con le lezioni del passato in testa [...] Siamo impegnati in nuovi giri di investimenti, e presto avverrà la re-introduzione del Gravel". E conclude con una teoria del complotto: "Forze esterne vogliono annientare la Commodore".
Fine del riassunto. Una cosa colpisce: quanto conta il marchio Commodore in tutto ciò. Dice, ad esempio, Osman Gökalp: "Il nome Commodore mi suonava noto alle orecchie. Ho pensato: se loro sono in condizione di mettere sul mercato computer e gadget con quel nome, è un concetto forte come il ferro". Questo provoca sentimenti contrastanti. E' una cosa positiva, perché vuol dire che la reputazione che la Commodore si è conquistata è ancora così forte a 14 anni dal fallimento. Ma anche negativa, perché significa che c'è chi pensa che si possa vendere qualsiasi cosa, non importa quanto scadente, basta che ci sia un marchio forte.