Autore Topic: Next Strategy E Dust Hanter - Ultimo Atto  (Letto 4451 volte)

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Next Strategy E Dust Hanter - Ultimo Atto
« Risposta #15 il: 01 Dicembre 2010, 00:34:26 »
 Ma se la gente ha presto smesso di comprare le avventure di qualità, ben confezionate, vendute talvolta in libreria e tutto di Infocom, Level 9, Magnetic Scrolls, ecc., perché mai avrebbero dovuto resistere e prosperare solo le produzioni italiane, anche qualora il loro livello fosse stato superiore? Solo per la diffusione in edicola e la serrata periodicità (che sicuramente complica parecchio il tutto)?

Inoltre, mentre per la letteratura l'innovazione tecnologica non influisce, per i videogiochi è sempre stato considerato come un fattore assolutamente determinante (purtroppo, per certi aspetti e in alcuni casi). È evidente che quando la tecnologia ha reso possibile selezionare comodamente i comandi col puntatore (anziché fare la caccia al vocabolo) e avere una rappresentazione grafica chiara, coerente e attraente di quello che accadeva (invece di dover leggere un testo e far lavorare l'immaginazione) semplicemente le IF hanno perso di interesse, in modo poco romantico, per la quasi totalità del pubblico.

Ovviamente anch'io stimo chi ha realizzato le avventure da edicola ecc.

Aemilius

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Next Strategy E Dust Hanter - Ultimo Atto
« Risposta #16 il: 01 Dicembre 2010, 00:57:48 »
 
Citazione
Pur con qualche fondamento di verità, mi sembra però un po' la solita retorica da "all'estero è meglio". Si leggerà anche di più fuori dagli italici confini (secondo me sarebbe importante anche vedere COSA si legge), ma non così tanto da poter fare di questo un fattore decisivo (credo che l'arretratezza tecnologica rispetto a USA e UK incida ben di più).

I giochi Infocom si vendevano all'80% ad adulti che erano anche lettori "pesanti". Chiaro che una "nicchia" simile in Italia non esiste.
E hai ragione, all'estero non è meglio. E' MOLTO meglio. :-D Basta leggere i  dati Istat sulla lettura in Italia. Nel nostro paese nel 2009 il 55% della popolazione sopra i 6 anni non ha letto nemmeno un libro. Negli anni Ottanta la percentuale era ancora più alta. Tra chi ha letto almeno un libro i lettori forti (più di 11 libri all'anno) sono il 15%. Il 10% della popolazione dichiara di non avere nemmeno un libro in casa. La fascia di lettori principale è quella dagli 11 ai 14 anni. E' un dato di fatto che in Italia non si legga a livello di paese europeo, se si escludono Spagna, Grecia e Portogallo, i soliti "Pigs", e questo è strettamente collegato all'arretratezza tecnologica (se non altro per l'incapacità di leggere i manuali :-).  Poi se vogliamo considerare le etichette dell'acqua minerale sicuramente noi italiani siamo al top della lettura nel mondo :-D

Citazione
Credo che le produzioni di punta vendessero migliaia o al massimo decine di migliaia di pezzi. Un po' poco, forse, per fare degli autori dei novelli Mick Jagger e Paul McCartney.

Beh, Mick Jagger o McCartney no di certo. Dei piccoli Asimov, di sicuro. dati di vendita Infocom dal 1981 al 1986 sono stati documentati di recente proprio da Jason Scott, l'autore di Get Lamp. Parliamo di due milioni di copie, in un periodo in cui i computer erano enormemente meno diffusi di adesso. Quasi un milione per la serie di Zork, 250 mila per Hitchhiker's Guide to the Galaxy. E' noto che Infocom è morta per la dissennata idea di non puntare sui videogiochi, ma di produrre un database per uso personale (Cornerstaff) che prosciugò le risorse finanziarie prima che gli implementors fossero in grado di studiare una transizione ai nuovi sistemi dotati di grafica e audio.

Citazione
Riuscivano a competere (si fa per dire, a giudicare dalla quantità di copie avvistate nelle edicole, credo che Special Playgames vendesse un tantinello di più di Explorer, Viking, Epic 3000, Epyx 3001, ecc.) perché si rivolgevano a una nicchia che le cassette pirata non trattavano, per ovvi motivi linguistici.

Non ho dati di vendita, per cui non saprei dirti. Certo perdevano, ma di sicuro competevano, visto che si trovavano sullo stesso scaffale. In generale mi sembra ingiusto confrontare i giochi della Arscom con quelli della Infocom, che era il top della tecnologia dell'epoca. La pietra di paragone più corretta, anche per l'atmosfera complessiva di exploitation, direi che era la Adventure International di Scott Adams. E lì, ti assicuro, non si sentiva tutta questa differenza dal punto di vista tecnico o di "guess the word", anzi.

Citazione
Immagino anche che stipare una cassetta con avventure grafiche inedite realizzate serialmente con dei tool fosse mediamente più semplice che farlo con una serie di giochi non testuali sufficientemente diversi tra loro in modo da poter "battagliare" con i pirati.

Di sicuro non così facile quanto cambiare nome a dieci giochi rubati all'estero. La Systems ci provava a mettere in edicola dei giochi d'azione prodotti in Italia, ma i risultati - per quanto dignitosi - erano sempre inferiori alla competizione straniera, per ovvi motivi, anche quando prodotti con tool come il Seuck.

Citazione
In altre parole, le cassette con le avventure italiche a un'occhiata superficiale potevano dare l'illusione di un prodotto di qualità migliore di quanto effettivamente non fosse.

Questo è verissimo. La presentazione, infatti, era uno dei punti di forza di questi prodotti, con illustrazioni realizzate da artisti molto validi. Anche i manuali, per quanto ingenui, erano anni luce superiori a quelli dei vari Special et similia.

Citazione
I giochi d'azione/con interazione non testuale/sparatutto (sia pure, ovviamente, "evoluti" e sotto una veste grafica e tecnologica attualizzata) vengono ancora venduti, mi pare, e godono di enorme successo commerciale.
Le interactive fiction che ancora vengono prodotte sono di solito (sempre?) gratuite e sono un genere commercialmente morto e sepolto.

Sicuramente l'IF come genere commerciale è defunto. In realtà - come ha detto di recente Arnie Katz (il primo editor di Electronic Games) in un'intervista - è facile notare che i cosiddetti "giochi d'azione", i giochi "casuali", da giocare per dieci minuti o un'ora in modo spensierato, come erano la maggior parte dei giochi arcade degli anni Ottanta, sono anch'essi morti e sepolti, almeno sulla piattaforma computer (le avventure testuali non sono mai uscite per console, mi pare). Al giorno d'oggi gli arcade si trovano gratuitamente, sotto forma di flash game o browser game freeware, e infatti mi diverto a giocarli con mia figlia, che ha 4 anni.

I giochi commerciali, a parte forse gli sportivi, richiedono al giocatore uno sforzo e un impegno continuativo che viene misurato in decine di ore di gioco miscelando elementi di RPG, avventura, dialogo con altri personaggi e risoluzione di enigmi che in molti casi sono paritetici, se non prevalenti rispetto all'azione vera e propria.

Si sono evoluti cioè verso una narrazione interattiva in tempo reale che, dal punto di vista concettuale fa propri molti degli elementi dell'Interactive Fiction. Nei moderni FPS c'è più Zork di quanto sembri, insomma :-)

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« Risposta #17 il: 01 Dicembre 2010, 01:53:19 »
 
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E' un dato di fatto che in Italia non si legga a livello di paese europeo, se si escludono Spagna, Grecia e Portogallo, i soliti "Pigs", e questo è strettamente collegato all'arretratezza tecnologica (se non altro per l'incapacità di leggere i manuali :-). Poi se vogliamo considerare le etichette dell'acqua minerale sicuramente noi italiani siamo al top della lettura nel mondo :-D

Beh, in Germania la Bild tira cinque milioni di copie (è il quotidiano europeo più diffuso). Forse sono più istruttive le etichette.

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Beh, Mick Jagger o McCartney no di certo. Dei piccoli Asimov, di sicuro. dati di vendita Infocom dal 1981 al 1986 sono stati documentati di recente proprio da Jason Scott, l'autore di Get Lamp. Parliamo di due milioni di copie, in un periodo in cui i computer erano enormemente meno diffusi di adesso. Quasi un milione per la serie di Zork, 250 mila per Hitchhiker's Guide to the Galaxy. E' noto che Infocom è morta per la dissennata idea di non puntare sui videogiochi, ma di produrre un database per uso personale (Cornerstaff) che prosciugò le risorse finanziarie prima che gli implementors fossero in grado di studiare una transizione ai nuovi sistemi dotati di grafica e audio.

Mi confermi quindi che la Infocom ha avuto una sola IP di grande successo, Zork, a parte HGTTG. Gli altri titoli hanno avuto vendite buone/dignitose (non so quanto vendesse Asimov, ma immagino un po' più di 50mila copie medie), in calando col diminuire dell'interesse verso il genere IF (cosa che ha portato, insieme alla crescita dei costi, la Activision a chiudere la Infocom, limitandosi a lucrare sul materiale già uscito con qualche raccolta ogni tanto). Inoltre di lì a poco chiuse i battenti anche Magnetic Scrolls, che era stata capace di sfornare un parser testuale in grado di mettere in difficoltà la Infocom: indice che più che a dissennate idee di marketing, ci troviamo di fronte alla crisi commerciale irreversibile di un genere.

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In realtà - come ha detto di recente Arnie Katz (il primo editor di Electronic Games) in un'intervista - è facile notare che i cosiddetti "giochi d'azione", i giochi "casuali", da giocare per dieci minuti o un'ora in modo spensierato, come erano la maggior parte dei giochi arcade degli anni Ottanta, sono anch'essi morti e sepolti, almeno sulla piattaforma computer (le avventure testuali non sono mai uscite per console, mi pare). Al giorno d'oggi gli arcade si trovano gratuitamente, sotto forma di flash game o browser game freeware, e infatti mi diverto a giocarli con mia figlia, che ha 4 anni.

Beh, oddio, i giochini casual hanno la loro bella fetta di mercato. Su PC non ci sono solo quelli freeware, ci sono quelli a pagamento dell'Xbox Live Arcade, ci sono quelli delle console portatili, per non parlare della Wii che viene disprezzata da molti per il suo essere così casual-oriented (Wii Sports, uno dei più grandi successi degli ultimi anni, è un gioco spensierato da giocare per dieci minuti o un'ora).

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Si sono evoluti cioè verso una narrazione interattiva in tempo reale che, dal punto di vista concettuale fa propri molti degli elementi dell'Interactive Fiction. Nei moderni FPS c'è più Zork di quanto sembri, insomma

Boh, a me pare che, a parte le tematiche avventurose in comune, l'approccio sia praticamente opposto. Se Zork "imitava" la letteratura (lasciando quindi spazio all'immaginazione dell'utente), l'FPS moderno, infarcito di narrazione messa nel tentativo spesso un po' maldestro di conferire spessore, cerca chiaramente di scimmiottare il cinema d'azione.

Baci e abbracci.

Roberto

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Next Strategy E Dust Hanter - Ultimo Atto
« Risposta #18 il: 01 Dicembre 2010, 12:53:37 »
 Concordo sul fatto che l'argomento sia "le avventure seriali" e non le avventure in genere. Il resto delle discussioni sono molto stimolanti comunque, ma forse ci allontanano un pò dal tema principale.

Naturalmente stiamo sempre parlando di avventure testuali, quindi appartenenti allo stesso genere, ma l'approccio alla realizzazione era diverso e, sempre generalizzando, anche il risultato finale era diverso. Né è esistito un fenomeno simile  all'estero. Ciò lo rende per me interessanti da analizzare e rende distorto un paragone con altre avventure NON seriali, realizzate fuori confine.

L'aspetto su cui mi pare ci sia identità di vedute è che oggi queste avventure ci mostrano tutta la loro inadeguatezza. Quindi la discussione si sposta su un altro tema, più stimolante e meno banale: come vanno valutate le avventure in base al periodo in cui sono uscite?

Io sono tra quanti ritengono che già al momento della loro uscita queste avventure presentassero diverse lacune e ingenuità, che certo magari si avvertivano in misura minore, ma che comunque erano oggettive. Del resto che ci fosse qualche problema era stato pubblicamente ammesso dagli autori e lo stesso cambio al timone di Next Strategy è una ulteriore ammissione in questo senso, che giunge questa volta dall'editore. Chissà poi perchè ad un certo punto nessuno volle più saperne di pubblicare avventure seriali e queste cominciarono ad essere distribuite solo per posta.

Vi è però una ulteriore considerazione da fare, prendendo in considerazione ciò che gli esperti del marketing oggi chiamerebbero "target", ovvero la fascia di utenza alla quale si rivolge un determinato prodotto.

In questo senso è indubbio che talune categorie di giocatori si trovassero nelle condizioni ideali per fruire al meglio le avventure seriali, divertirsi o affascinarsi senza vedersi l'esperienza ridotta dai limiti tecnici/letterari.

Penso magari ai giovanissimi, oppure alle persone più mature che all'epoca vedevano il videogioco come qualcosa di alieno ma che invece non disdegnavano una storia interattiva pur con tutti i limiti del caso, oppure ancora a chi non aveva mai visto altre avventure e non aveva una pietra di paragone o a chi parlava solo l'italiano.

Questo non sminuisce i difetti intrinseci che indubbiamente si riscontrano nelle varie Next Strategy e a seguire ma in qualche modo ne giustifica l'esistenza.

La cura che veniva riversata da Edisoft nelle pubblicazioni poi era indubbiamente sopra la media. Le primissime copertine di Paolo Rui erano qualcosa di unico, paragonabili per certi versi alle copertine Zzappiane di Oli Frey. Mentre nella maggioranza delle pubblicazioni italiane dell'epoca ti ritrovavi perlopiù il tizio vestito da arlecchino col joystick in mano, il disegno di quarta elementare colorato ad aquarelli o la foto di una Vic20 circondato da zucchine e peperoni. Per non parlare poi delle varie Special Program fatte con gli screenshot di Ugo l'Ufo o Giancarlo il Mondezzaro.

La copertina resta un contorno e non può mascherare la sostanza ma indica al contempo un dato importante, cioè che da parte dell'editore c'era la volontà di credere ed investire in un progetto. Editore che al contempo manifestava però anche qualche tentennamento nel valutare correttamente il materiale che pubblicava. O forse no: c'è stato un cambiamento di rotta in Next Strategy, ma io credo che abbia solo peggiorato ancora di più la situazione. Cambiare allenatore non è sempre una scelta vincente, c'è il rischio che quello che viene dopo sia peggio di chi l'ha preceduto. Ma a conti fatti Edisoft ha gestito le sue collane con cura e personalmente ne ho molta stima. Resta da capire cosa ci facessero gli hack da edicola nelle loro prime pubblicazioni ma questo è un altro discorso.

A parte il caso Edisoft, mi chiedo quale considerazione avessero gli altri editori dei propri utenti. Io credo che li considerassero alla stregua di idioti; ed il perchè l'ho lasciato chiaramente intendere nella mia recensione di Dick Swanson II, in riferimento alle motivazioni addotte in seguito alla  ripubblicazione due volte consecutive di suddetto titolo.

Ma c'è anche un'altro aspetto che mi è "rimasto nella penna" mentre parlavo di Dick Swanson e che espongo a seguire.
Chissà perchè si è voluto spacciare l'adozione dell'articolo tra verbo e nome come fosse chissà quale progresso dal punto di vista dell'intelligenza artificiale, quando in realtà costituiva esclusivamente una ulteriore fastidiosa seccatura nell'utilizzo che non si traduceva in alcun modo in una migliore comunicazione tra umano e computer. Dicasi cioè "Aria fritta", che veniva propinata credendoci chissà fino a che punto.

Se poi vogliamo parlare di cultura - popolare e non - allora diciamolo pure chiaramente: da un certo punto in poi l'Italia ha cominciato a soffrire di una vera e propria sudditanza psicologica nei confronti di ciò che arriva oltreoceano.
Gli eroi della cultura pop non si chiamavano più Signor Bonaventura, Sor Pampurio o Tiramolla ma Tex Willer, Dylan Dog, Alan Ford, Dust Hanter e Jack Byteson e venivano calati in contesti metropolitani non-italiani perchè ritenuti più affascinanti ed esotici. Non sarebbe stato più interessante inserire almeno un personaggio italiano, che magari agiva tra le nebbie di una sperduta provincia o in un assolata isola del mediterraneo abitata da una civiltà misteriosa? Oppure si sarebbe potuta ambientare l'azione in Egitto o al Polo Nord, ma sempre utilizzando un personaggio che fosse in qualche modo espressione delle nostra identità.

La tendenza che mi pare di scorgere invece è quella di voler optare per il personaggio anglofono non in seguito a reali esigenze narrative, come poteva essere per il salgariano Sandokan, ma partendo dall'idea che quello sia il modello giusto, senza prendersi la briga di metterlo in discussione.

Questa visione, mi rendo conto, è talmente reazionaria che a qualcuno sembrerà strano persino che io l'abbia esposta. Provate però ad immaginare un fumetto o telefilm americano o inglese con protagonista un investigatore italiano.
E' inimmaginabile che ciò possa accadere, perchè ogni cultura (a meno che non sia stata colonizzata) tende sempre ad essere conservativa e ad imporre i propri modelli all'estero, auto-esaltando così la propria appartenenza.
Qualcuno potrebbe citare il tenente Colombo. Ma a parte il fatto che si tratta di un telefilm di 30 anni fa e che comunque potrebbe essere considerato come la classica eccezione che conferma la regola, si tratta - ad osservarlo da vicino - di un italo-americano,  integrato nel sistema USA e quindi non è realmente espressione di una cultura straniera. Il tenente Colombo ci comunica in realtà che gli USA sono una società multirazziale, dove tutte le etnie hanno pari opportunità e possono emergere, a patto che abbiano le qualità necessarie e che siano integrate nel sistema americano. Poi magari se qualcuno si desse la briga di studiarsi la realtà, scoprirebbe che forse le cose non stanno proprio come vorrebbero farci credere.

Per queste ragioni voglio sperare che non arrivi nessun JJ Abrams italiano, (o messia di turno) che venga a dirmi cosa deve piacermi e cosa no e per rivalutare una serie di avventure che non esprimo nulla di originale ma che sono mutuate da  modelli concepiti oltre-oceano.
Le avventure arscom sono comunque uno splendido esempio di sotto-cultura e come dicevo prima, per un certo target hanno effettivamente rappresentato un modo per sognare: questo va rispettato a prescindere dalle eccezioni che ho sollevato in precedenza. Attenzione solo ad inquadrarle correttamente, senza mitizzarle più del dovuto.
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SevenLegion

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« Risposta #19 il: 01 Dicembre 2010, 23:10:34 »
 a proposito, ma ho capito bene questo fatto che le copertine di Next GAme e Next Strategy erano fatte su misura?
Ho sempre creduto fossero semplicemente immagini prese " in prestito in giro"...
anche per via dell'estrema variabilita' dei soggetti...
 

Roberto

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« Risposta #20 il: 03 Dicembre 2010, 17:11:47 »
Citazione da: "SevenLegion"
a proposito, ma ho capito bene questo fatto che le copertine di Next GAme e Next Strategy erano fatte su misura?
Ho sempre creduto fossero semplicemente immagini prese " in prestito in giro"...
anche per via dell'estrema variabilita' dei soggetti...
Paolo Rui realizzava (con aerografo) le copertine di RUN, rivista per Spectrum e, appunto di Next Strategy. Se non sbaglio erano gli esordi di quello che poi sarebbe diventato uno dei più affermati illustratori italiani.

http://www.sottomarino.org/
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Aemilius

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« Risposta #21 il: 03 Dicembre 2010, 21:54:37 »
 
Citazione
Beh, in Germania la Bild tira cinque milioni di copie (è il quotidiano europeo più diffuso). Forse sono più istruttive le etichette.

Mettila come ti pare, ma è difficile sconfiggere l'analfabetismo informatico se prima non si sconfigge l'analfabetismo e basta. La Bild è un fogliaccio, ma mentre in Germania programmavano Turrican e Great Giana Sister in Italia giocavamo con i tarocchi della SIPE. E' una questione di numeri, proporzioni e sistema paese in cui la propensione alla lettura è uno dei dati fondamentali.
La chiudo qua perché ormai siamo chiaramente OT.

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Beh, oddio, i giochini casual hanno la loro bella fetta di mercato. Su PC non ci sono solo quelli freeware, ci sono quelli a pagamento dell'Xbox Live Arcade, ci sono quelli delle console portatili, per non parlare della Wii che viene disprezzata da molti per il suo essere così casual-oriented (Wii Sports, uno dei più grandi successi degli ultimi anni, è un gioco spensierato da giocare per dieci minuti o un'ora).

Mi citi, appunto, tutti esempi relativi a console e non PC: Wii, Xbox, PSP. Cerca "arcade games pc" su Google e capirai cosa intendo.  

Aemilius

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« Risposta #22 il: 04 Dicembre 2010, 15:06:29 »
 
Citazione
Come vanno valutate le avventure in base al periodo in cui sono uscite?

Secondo me vanno valutate in maniera storica, tenendo presente anche il contesto nazionale. Per un certo periodo di tempo questi sono stati gli unici giochi italiani originali che fosse possibile vendere. Già questo le rende interessanti come fenomeno culturale.
Le ingenuità c'erano, le lacune anche, ma le collane sono andate avanti per anni, anche con una certa evoluzione tecnica. Explorer e Viking erano fatte con il Quill ed erano indubbiamente superiori al framework in basic della Arscom. Gli esperimenti misti grafico/testuali di Carlo Landolfo per la SIPE sono notevoli,  non fosse altro per l'interfaccia. La Systems diede spazio a Certi e Toldi che avevano creato un parser e delle storie effettivamente molto superiori alla media nazionale. Ci furono anche esperimenti con la sintesi sonora (ricordo un urlo digitale in Dylan Dog, se non vado errato). Poi il genere è crollato dal punto di vista commerciale, non solo in Italia.

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Io sono tra quanti ritengono che già al momento della loro uscita queste avventure presentassero diverse lacune e ingenuità, che certo magari si avvertivano in misura minore, ma che comunque erano oggettive.

Sicuramente. Del resto i software italiani di quegli anni che non avessero lacune o ingenuità oggettive si contavano sulle dita di una mano, a parte qualche programma per il totocalcio.

Citazione
Del resto che ci fosse qualche problema era stato pubblicamente ammesso dagli autori e lo stesso cambio al timone di Next Strategy è una ulteriore ammissione in questo senso, che giunge questa volta dall'editore. Chissà poi perchè ad un certo punto nessuno volle più saperne di pubblicare avventure seriali e queste cominciarono ad essere distribuite solo per posta.

Problemi ce n'erano a iosa, ma qui ho un vuoto. Mi pare che la parentesi di distribuzione postale sia antecedente all'ultima incarnazione Arscom Epic3000/Epyx 3001, ma potrei sbagliarmi. In ogni caso il C64 dopo il 1986 cominciava a essere insidiato da altri sistemi, sia 16bit che console. Probabilmente i costi di distribuzione in edicola e di reso non erano più sostenibili con la "nicchia" degli appassionati.

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Penso magari ai giovanissimi, oppure alle persone più mature che all'epoca vedevano il videogioco come qualcosa di alieno ma che invece non disdegnavano una storia interattiva pur con tutti i limiti del caso, oppure ancora a chi non aveva mai visto altre avventure e non aveva una pietra di paragone o a chi parlava solo l'italiano.
Questo non sminuisce i difetti intrinseci che indubbiamente si riscontrano nelle varie Next Strategy e a seguire ma in qualche modo ne giustifica l'esistenza.

Secondo me stiamo trascurando un altro fattore. Il fenomeno dell'home computing, prima dell'avvento dei 16bit, non limitava l'utilizzo della macchina a fini ludici, e la percentuale di "smanettoni" rispetto al totale dell'utenza era sicuramente sopra alla media attuale.
Per fare un esempio almeno fino al 1986 qualsiasi rivista di taglio giovanilistico si occupava di computer in un modo che oggi sarebbe considerato da veri "nerd". Ricordo distintamente che Lancio Story pubblicò il listato in Basic a puntate di un'avventura testuale del tutto elementare (una serie di print e input, per capirsi).
Chiaro che giochi considerati "di ragionamento" potessero sembrare più appetibili a questo tipo di utenti, che pure non trascuravano gli arcade. Le avventure testuali, poi, a me hanno sempre ricordato più i giochi di ruolo che i libri. E all'epoca D&D andava alla grande.

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Ma a conti fatti Edisoft ha gestito le sue collane con cura e personalmente ne ho molta stima.

Stima che condivido in pieno.

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Questa visione, mi rendo conto, è talmente reazionaria che a qualcuno sembrerà strano persino che io l'abbia esposta. Provate però ad immaginare un fumetto o telefilm americano o inglese con protagonista un investigatore italiano.
E' la storia dell'Europa sconfitta del dopoguerra, e non è che in Francia, in Germania o in Spagna le cose siano andate sempre meglio da questo punto di vista. In Inghilterra sono diventati esportatori di modelli culturali e icone pop come i Beatles e i Take That, noi abbiamo avuto i Pooh e gli Articolo 31 :-)

La forza degli americani – oltre all'esportazione di modelli precotti - è  quella di prendere le culture straniere e trasformarle in un pezzo della loro melting pot.

Arthur Fonzarelli, Rocky Balboa, Don Corleone, Tony Soprano, John Rambo, Kay Scarpetta, Joey Tribbiani di Friends (per dire i primi personaggi che mi vengono in mente) sono tutti "italian", ma ovviamente parlano inglese perché sono cittadini americani di seconda, terza o quarta generazione.

Ci fu un caso a fine anni Quaranta di un personaggio veramente italiano protagonista di un radiodramma popolare (Life with Luigi), ma era un povero neoimmigrato con tutti gli stereotipi del caso che serviva fondamentalmente a insegnare ai nuovi "dagos" i valori del patriottismo americano (e a prenderci neanche tanto sottilmente per i fondelli).

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]Per queste ragioni voglio sperare che non arrivi nessun JJ Abrams italiano, (o messia di turno) che venga a dirmi cosa deve piacermi e cosa no e per rivalutare una serie di avventure che non esprimo nulla di originale ma che sono mutuate da  modelli concepiti oltre-oceano.

Scusa ma questo mi sembra ingeneroso. Il 99% della produzione italiana di software di quegli anni non solo mutua modelli d'oltreoceano ma si esercitava su macchine pensate e prodotte negli USA, se no questo sito si chiamerebbe Ready Olivetti Prodest. Ed è tanto più vero per l'arcade, basta vedere i giochi italiani che sono ospitati nel tuo sito: anche i più belli sono cloni di concept stranieri.

In Italia in quegli anni abbiamo dato due contributi originali rispetto all'informatica di massa: le cassette pirata in edicola e le avventure testuali seriali. Inutile dire cosa preferisco, pur condividendo il tuo ragionamento sui limiti tecnici.

Non verrà nessun JJ Abrams (purtroppo, aggiungo io) ma qualche scrittore o regista influenzato da quell'esperienza di cultura popolare (o sottocultura, se vuoi) ci sarà di sicuro, visto che decine di migliaia di bambini e ragazzini hanno giocato con quelle avventure e poi magari sono finiti a programmarle.
Non a caso gli stilemi delle avventure testuali (le botole, i labirinti, i passaggi segreti, le parole chiave da inserire in computer mastodontici, l'enigmistica) stanno emergendo nell'intrattenimento popolare tra i narratori 30-40enni. Io ho citato JJ Abrams, ma l'intero Codice Da Vinci sembra un'avventura testuale di serie B per come è impostato (mistero in un paese straniero, enigma, ragionamento, risoluzione).  

Roberto

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« Risposta #23 il: 06 Gennaio 2011, 10:54:08 »
 Segnalo la scoperta di un ennesimo "lost game" di Tabacco, documentato in una pubblicità apparsa sulla rivista Super Commodore di Jackson Editoriale.
Il gioco era pubblicato dalla stessa Jackson con la modalità "vendita per posta", sullo stesso modello del precedente "Il Mistero della Piramide" di Enrico Ragaini.
L'avevo già annunciato nella news di ieri ma per chi se la fosse persa riporto il link alla scansione:

Alla ricerca dello Scarabeo d'Oro
http://ready64.org/lost/pics/alla_ricerca_d...arabeo_doro.jpg

L'articolo tra l'altro mi sembra abbastanza controverso, con argomentazioni che  appaiono un pochino pretestuose e che di fatto resta un pò ambiguo tra pubblicità e recensione. Anche questa è storia.
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« Risposta #24 il: 06 Gennaio 2011, 22:57:42 »
 Interessante! Chissà se Mauro Cristuib Grizzi (che da Linkedin risulta essere tuttora in attività) potrebbe avere qualche ricordo specifico da raccontare...

Roberto

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« Risposta #25 il: 23 Gennaio 2011, 17:45:12 »
 Segnalo anche che a partire dal dicembre 1984, la rivista Personal Software edita da GCE (Gruppo Editoriale Jackson) ha iniziato la pubblicazione a puntate di una serie di articoli curati da R. Tabacco dal titolo "Dentro l'Avventura".

Non mi risulta che qualcuno stia realizzando le scansioni di suddetta rivista. Ovviamente mi piacerebbe occuparmene ma il problema è sempre il solito, ovvero la cronica difficoltà a reperire la "materia prima".
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