Prosegue il nostro viaggio nella storia dell'informatica degli anni '80 con Nemo Galletti, autore di giochi, programmi ed articoli per Commodore 64 pubblicati da Systems Editoriale. Tra i suoi lavori, mai banali, ricordiamo la realizzazione del programma per la compilazione del Modello 740 e Dinastopoly, che con il suo percorso a "scelte pilotate" intendeva portare su Computer uno dei primi tentativi di simulazione di "Vita", prima ancora dell'acclamato Alter Ego.
Ciao Nemo, come nostra consuetudine iniziamo con qualche nota personale prima di entrare nel vivo dell'intervista.
Bene, mi presento velocemente: quest'anno compirò mezzo secolo, sono di Milano ma ora vivo nell'interland milanese e lavoro nel settore delle telecomunicazioni alla Alcatel-Lucent, da ben 23 anni. Attualmente opero nel settore commerciale, ma iniziai nel 1985 come progettista software per un mega-progetto che vedeva occupate, nel mondo, più di 3.000 persone di quello che allora era il gruppo americano ITT, poi passato di mano.
I miei hobby principali sono la fotografia, diventata nel frattempo digitale, e i viaggi. Per entrambi sono stato anche aiutato dal mio lavoro che per 20 anni si è svolto prevalentemente in giro per il mondo, in 60 paesi diversi.
Come ti sei avvicinato all'informatica?
Sono praticamente nato in un ambiente per così dire informatico, anche se negli anni '60 si chiamava "meccanografico". Mio padre, Enzo, era capocentro meccanografico alla Michelin e ricordo quando mi portava nel suo ufficio in Corso Sempione a Milano per vedere il grande calcolatore smistare schede perforate ad una velocità che allora mi sembrava incredibile. Il centro era allora dotato di un calcolatore "Gamma 10" BULL provvisto di una memoria di 1K-bit a nuclei magnetici, che da sola occupava lo spazio di una lavatrice.
Ricordo una grande sala piena di persone in camice bianco intente a scrivere dati e programmi con l'ausilio delle perforatrici di schede. Da giovane giocavo con schede IBM, nastri perforati rosa e anche pezzi guasti del calcolatore che mio padre mi portava a casa.
Alla fine degli anni '70 cominciarono a vedersi le prime calcolatrici tascabili scientifiche programmabili. HP contro Texas. Il mio primo programma, su Texas TI59, era un timer che utilizzavo nella camera oscura. Il primo computer che ho utilizzato per programmare però è stato l'Univac 1100 del Politecnico di Milano: il programma che sviluppai assieme ad altri due studenti per sostenere l'esame occupava due valigette 24-ore, era composto da 10.000 schede perforate e simulava fino a 4 giocatori che facevano una partita a poker. Ogni giocatore simulato aveva delle peculiarità, modificabili attraverso parametri impostati su scheda.
Mi fruttò un 30 e lode e una udienza alla commissione disciplinare del Politecnico per furto di codici d'accesso: il programma era così complesso che per lavorarci sopra dovevamo rubacchiare tempo-macchina da altri enti, e qualcuno alla fine se ne accorse. Si stava mettendo male, ma fummo graziati dalla provvidenziale nomina del nuovo rettore, Dadda.
Il mio primo contatto con un Home Computer avvenne in caserma, durante il servizio militare: era un Vic-20 dotato di lettore floppy e io sviluppai un programma per la contabilità della fureria di battaglione. Fu un successo e uno stimolo. Spingendo i miei a sostenere un notevole sforzo finanziario - ma potendo contare sempre sull'entusiasmo di mio padre - mi misi in lista d'attesa per il Commodore 64, era l'inverno del 1984 e dovetti attendere 2 mesi prima di venirne in possesso: il mondo sembrava impazzito e per la prima volta un computer, per piccolo che fosse, era entrato nelle lettere a Babbo Natale.
Commodore 64, floppy, monitor e stampante costavano in tutto 2 milioni di lire, più di 2 stipendi mensili di un neolaureato. Nell'attesa di entrarne in possesso un amico mi prestò un computer Philips, una cosa lentissima con la quale sviluppai l'emulatore di slot machine che poi portai su Commodore e che fu pubblicato dalla Systems.
Come avvenne il tuo ingresso in Systems Editoriale?
Beh, erano I primi mesi del 1985, in quel periodo insegnavo matematica e informatica in corsi organizzati dalla regione Lombardia presso i centri di formazione IRI e avevo ormai accumulato un discreto numero di programmi per C64 che volevo piazzare da qualche parte. E dove se non in Systems? L'unica casa editrice che sembrava ascoltare la voce dei programmatori C64 italiani...
Fu in marzo che avvenne il mio colloquio in Systems, uno dopo l'altro parlai con Eugenio Coppari, Gloriano Rossi e Michele di Pisa: incredibile, acquistarono tutto e fu proprio durante quel primo colloquio che Di Pisa mi propose il progetto "Modello 740"... ma di questo ne parliamo dopo.
Come si svolgeva la tua attività, part-time o in modo continuativo?
La mia collaborazione con Systems era part time, come free-lance. Lavoravo da casa, recandomi in sede tre o quattro volte la settimana per discutere sugli articoli, progetti, correzioni e verificare lo sviluppo dei programmi in gestazione.
Essenzialmente scrivevo articoli, recensioni e programmini per la rivista COMMODORE, diretta da Gloriano Rossi, e, successivamente, articoli teorici e tecnici per la rivista COMPUTER diretta da Di Pisa. Oltre ovviamente a sviluppare programmi per i supplementi distribuiti su cassetta o (più tardi) floppy disk.
Da metà 1985 iniziai a lavorare a tempo pieno per la Face Standard, società di telecomunicazioni del gruppo ITT, e la cosa mi costrinse a lavorare di notte per i miei articoli e programmi e a recarmi in Systems dalle 18 alle 20. Nonchè chiedere aiuto a mio padre, che da allora comincia ad apparire come coautore di alcuni programmi e articoli.
Hai accennato al fatto che la realizzazione del Modello 740 ti era stata proposta da Michele Di Pisa. Questa era la regola, oppure c'era anche spazio er proporre programmi realizzati in autonomia?
Di solito per gli articoli sulle riviste il tema era imposto, o quantomeno l'idea veniva discussa prima dell'approvazione.
Per quanto riguarda programmi e giochi la Systems accettava programmi sia elaborati in totale autonomia (come ad esempio la Slot Machine), oppure discuteva proposte dell'autore, generalmente accettandole con qualche modifica (ad esempio Dinastopoly e Halley) o infine richiedeva sviluppi specifici, come ad esempio il modello 740. Ciò che veniva sempre richiesto era l'originalità del prodotto, meglio se condita con un supporto di spiegazioni didattiche focalizzate sulla tecnica di programmazione.
Quali giochi e programmi hai realizzato?
Per la Systems Editoriale, e sempre per C64, ho pubblicato "NEG Slot Machine" il cui algoritmo di funzionamento riproduceva in tutto e per tutto una slot reale meccanica; un programma per la visualizzazione grafica della posizione della cometa di Halley con magnitudo e volta stellata (usando le famose routines di Toma); quattro edizioni del Modello fiscale 740 Dal 1985 al 1988: sembra incredibile oggi, ma con 39K di memoria disponibili era possibile compilare l'allora complicatissimo modello 740 inclusa la stampa su moduli continui!
Ho poi scritto alcune utility tra cui generazione e controllo codice fiscale; un generatore di calendari a più pagine; l'ennesima versione dei bioritmi, la trasposizione di alcuni brani di JS Bach e qualche altra cosa che non ricordo.
Infine ho scritto alcuni articoli e listati per le riviste Commodore e Computer, sempre della Systems. Sviluppare dei giochi grafici con il C64 era un'impresa bestiale e, con quello che pagava la Systems, la morte per stenti e fame era assicurata!
Prendiamoli in esame uno per volta.
Ho scritto questo "gioco di simulazione” assieme a mio padre. Lo proposi alla Systems con il nome di “Successo” ma il caporedattore, Gloriano Rossi e il boss Michele di Pisa, decisero di dare al gioco un titolo più accattivante, optando per... "BERLUSCOPOLI". Eravamo nel 1985, e già Berlusconi faceva parte dell’immaginario collettivo. Un paio di mesi dopo, all'uscita della cassetta, noto che il titolo è stato cambiato in "DINASTOPOLY": perchè?
Beh, pare che Berlusconi, interpellato, non avesse dato il suo benestare. Questo nome di ripiego fu una scelta "last minute" fatta direttamente da Systems e traeva origine dal serial TV Dinasty che a quel tempo spopolava.
Questo tipo di gioco in cui era rappresentata la vita, le sue scelte, il dosaggio tra sentimento, fortuna, denaro e fama, il tutto in un contesto strettamente grafico, era abbastanza innovativo. La definizione che avevo dato a questo tipo di gioco era "avventura a scelte pilotate" perchè si trattava sì di una avventura, ma il giocatore doveva decidere tra scelte generate dal computer.
L'ispirazione derivava dal concetto dei giochi da tavolo (tipo Monopoli, ma ne esisteva uno a cui in qualche modo mi sono ispirato), dove di solito si combina strategia e caso (come nella vita!). Infatti il concetto base è che ci si muova su un percorso fatto da diverse "caselle" di opportunità in cui su ogni "casella" ci capiti qualcosa o si debba prendere qualche decisione. I dadi li tira il computer, che ci fa capitare su una casella spesso funzione della posizione precedente.
Il programma fu pubblicato su una delle usuali compilation della Systems, su cassetta assieme ad altri giochi. Si chiamava "Neg Slot Machine" e la cosa interessante è che riproduce nell'algoritmo delle combinazioni e nel modo di fermarsi delle ruote una vera, vecchia slot machine meccanica che avevo acquistato da un rigattiere (vedi foto).
Mi affascinava la possibilita’ di trasferire su computer il modello di una cosa reale, ingombrante e pesante 50 chili. Passai parecchio tempo a studiare le combinazioni della mia slot machine meccanica e implementarle al computer con semplicissime formule. Feci un lavoro cosi’ zelante che emulai al computer anche una anomalia meccanica sul bloccaggio delle ruote, per cui tra il bloccaggio della prima, seconda e terza ruota intercorreva un tempo decisamente anomalo.
La mia prima versione del programma per il calcolo e la stampa del modello 740 (il modello di pagamento delle imposte delle persone fisiche) è del 1985, relativa alla dichiarazione dei redditi del 1984, e apparve su cassetta.
L'idea fu della Systems, imbeccata dal fatto che avevo prodotto alcune routine di base a possibile supporto di commercialisti (una per tutte: routine di controllo e generazione del codice fiscale, poi pubblicata sulla rivista COMMODORE del 25/9/1985). Per scrivere quel programma ho dovuto lavorare giorno e notte, a causa dei tempi ristretti a disposizione e alla complessità delle regole (si trattava del famoso modello che fu in seguito definito "lunare" se non sbaglio dal presidente Scalfaro).
Una novità per l'utente comune era costituita dalla possibilità di stampare il modello direttamente su modulo continuo. Prevedendo la possibilità della presenza di alcuni errori, eventuali interpretazioni e problemi vari, fu presa la decisione di programmare in BASIC e lasciare il programma in forma listabile, in modo che, all'occorrenza, potesse essere corretto direttamente dall'utente.
Fu anche predisposta una hot-line due volte alla settimana presso la Systems, in cui io ero bersaglio delle richieste di chiarimento più disparate, che ricevevo anche da personaggi alquanto strani. Fu durante le sessioni di hot-line che mi resi conto che la Systems aveva compiuto una operazione estremamente innovativa: per la prima volta una casa editrice aveva portato un supporto informatico per la compilazione del modello delle imposte alla portata di tutti, in quanto prima di allora la cosa era rimasta esclusivo appannaggio di professionisti. Inoltre il semplice ed economico programma su Commodore consentì a circoli, dopolavoro, piccoli patronati di svolgere una assistenza per così dire sociale alla compilazione del modello 740.
Il mio incubo era un anziano signore veneto di cui non ricordo il nome che puntualmente mi telefonava, ogni giorno in cui effettuavo il servizio di hot line, sottoponendomi una lista interminabile di casi particolarissimi, imperscrutabili, imprevedibili che stavano a meta’ tra i problemi di programmazione e quelli di interpretazione delle norme.
Il programma - che ogni anno doveva essere completamente rivisto a causa dei cambiamenti continui alle leggi, aliquote, parametri e layout - fu riproposto anche nel 1986, 1987 e 1988. Le ultime due edizioni su floppy disk contenevano due dischi: uno per PC IBM compatibile (si trattava della rivendita di un prodotto commerciale) e uno per Commodore 64, sempre a cura del sottoscritto e del prezioso aiuto di mio padre.
Tra la fine del 1985 e i primi mesi del 1986 il mondo potè assistere al passaggio della cometa di Halley. Sempre per la Systems sviluppai un programma sulla cometa di Halley: Il programma consentiva di visualizzare la volta celeste alla data e ora rispetto alla località di cui veniva introdotta la latitudine, con o senza la posizione e la magnitudine della cometa di Halley, oppure di individuare le principali costellazioni, sempre alla latitudine impostata. Venivano suggerite alcune coordinate delle principali città e nazioni dove il programma veniva distribuito.
Grazie ad un accordo con altre case editrici europee Commodore-oriented, la cassetta fu pubblicata in altri paesi europei e le istruzioni e il testo erano presenti in 3 lingue (italiano, tedesco e francese), anche se poi la versione pubblicata limitava la scelta al solo italiano e tedesco (fu distribuito in Italia, Germania ed Austria).
Questo particolare programma era l'ulteriore dimostrazione della potenzialità del Commodore 64 e del suo Basic che, con le routines grafiche di Toma di cui si avvaleva, diventava potentissimo: con una minima padronanza del linguaggio Basic ogni normale utente poteva estendere le sue capacità ed addentrarsi in campi sconosciuti, realizzando modelli che fino a pochi mesi prima erano esclusivo appannaggio degli addetti ai lavori. Il programma sulla cometa di Halley infatti non faceva altro che sviluppare delle formule facilmente reperibili sulle riviste specializzate, trasformandole in qualcosa di "vivo" e immediatamente percepibile. Io non avevo mai masticato nulla di astronomia, ma fui coinvolto dalla frenesia della cometa di Halley che, per un periodo di circa 6 mesi, fu un fenomeno di moda su giornali e televisione.
Il programma richiedeva parecchio tempo per calcolare la posizione della cometa, e infatti proprio per questo avrebbe dovuto essere pubblicato nella versione compilata. Tuttavia la Systems decise di lasciare il programma in Basic, forse con un intento didattico anche se a discapito della velocità.
All'inizio dell'intervista hai accennato ai tuoi rapporti con Eugenio Coppari, Gloriano Rossi e Michele Di Pisa. Che ricordi hai di questi personaggi?
Michele di Pisa era un personaggio molto interessante e mi sarebbe piaciuto conoscerlo meglio, in quanto in Systems avevo rapporti soprattutto con De Simone e Gloriano Rossi. Quando mi capitava di parlare con Di Pisa ne rilevavo la genialità in campo professionale, la velocità di elaborazione del concetto (era uno che capiva le cose al volo), il fatto che dava credito al suo interlocutore, anche se poi mi sembrava comunque che mantenesse un certo distacco seppure non formale.
Non era il "capo" vecchio stile, ma nemmeno l'imprenditore all'americana che si vede nei film. Aveva delle ottime idee ed era propenso al rischio, ma a volte mi dava l'impressione che non appartenesse al mondo in cui lui stesso si era infilato, nel senso che io lo percepivo come un teorico, un visionario nel senso buono, evidentemente ostacolato dai problemi pratici legati ad un ambiente (quello dell'editoria da edicola) che mi sembrava piuttosto limitante per un tipo come lui.
Pur lasciando una certa autonomia ai suoi collaboratori, Di Pisa era quel tipo di persona che aveva sempre qualcosa da suggerire o correggere, cosa che - notoriamente - non rappresentava il massimo per un programmatore, solitamente geloso della propria creatività. Personalmente ho molto apprezzato in lui la volontà di creare qualcosa, e non tanto - o non solo - di approfittare di una situazione di mercato.
Eugenio Coppari era il wizkid di Commodore Computer Club, praticamente una macchina macina-codice. Simpatico e disponibile, a lui si doveva la maggior parte del contenuto tecnico della rivista e il collaudo dei programmi ricevuti dall’esterno, nonché le localizzazioni di molti programmi di cui la Systems acquistava i diritti.
Di Gloriano Rossi, invece, mi ricordo poco. Era una persona molto capace ma, in un modo o nell’altro, non riuscivo a sentirmi molto a mio agio nel parlargli.
Torniamo su Dinastopoly, di cui è in lavorazione una versione per PC. Come procede la sua conversione? Raccontami qualche dettaglio in merito.
Lo scorso anno sono stato contattato da una società attiva nel campo della commercializzazione di computer, software e accessori che mi ha richiesto la collaborazione per tradurre Dinastopoly in Java e commercializzarlo come gioco per telefonini. Il passaggio attraverso la versione per PC sarebbe solo uno step intermedio che potrebbe consentire ad un programmatore di elaborare la versione Java senza necessariamente dover conoscere il Basic del CBM64.
Ed è a questo punto che io mi sono fermato, lasciando ai miei interlocutori gli oneri di proseguire questa avventura: purtroppo io in questo momento non dispongo del tempo necessario per seguire passo passo le fasi indispensabili per una nuova versione di Dinastopoly che, a mio parere, richiederebbe praticamente la riprogettazione completa dell'interfaccia grafica. Mi risulta comunque che i lavori stiano procedendo, anche se con qualche lentezza. Staremo a vedere!
Utilizzavi il Commodore 64 solo per lavoro oppure eri interessato anche la lato "giocoso" della macchina?
L'uso maggiore extra-programmazione era come word processor, con Easy Script. Lo usavo al posto della macchina da scrivere per comporre articoli, testi vari, programmi di corsi. Usavo molto anche Multiplan, l'antesignano del foglio elettronico, utilissimo per gestire dati associati a gruppi di persone, come ad esempio squadre sportive, classi scolastiche, eccetera.
Relativamente ai giochi, ne ho provati e collezionati tantissimi ma non ho mai giocato molto. Il mio interesse sui giochi era capirne la logica e studiarne la tecnica, ma giocare al computer mi annoiava. L'unica mia infatuazione per un gioco avvenne molti anni più tardi, con Doom: ne fui talmente preso (sia come giocatore che come creatore di WAD) che mi dovetti imporre di smettere.
Da allora non ho più toccato un gioco.
In quale periodo hai definitivamente smesso di utilizzare il Commodore 64?
Potrei aggiungere che abbandonai il C64 verso il 1988, anno in cui la Systems mi consegnò un "cassone-clone" del personal computer IBM con il quale ho scritto e testato qualche programma e qualche articolo. Successivamente acquistai un Amstrad e mi dedicai decisamente al mondo MS-DOS. Ma nella mia vita, di quando in quando, il C64 tornava alla ribalta nei momenti più disparati: la macchina, diventata ormai obsoleta per programmare, svolgeva mille funzioni in giro per il mondo.
Negli anni successivi, grazie alle potenzialità offerte dalla sua porta programmabile, mi imbattei in C64 trasformati in generatori di chiamate usati per testare centrali telefoniche pubbliche, sistemi di illuminazione sequenziale di insegne luminose, attivatori programmabili di giochi di luce in una giostra di luna park, sistemi di controllo di una piccola catena di produzione automatica in una officina meccanica, efficace sistema di monitoraggio temperature di una caldaia di un grande condominio...
Sarebbe interessante conoscere il tuo parere sulla pirateria e sulla situazione delle software house italiane, anche rispetto all'estero dove esistevano realtà molto più importanti rispetto al nostro paese.
Il mio parere sulla pirateria può sembrare un pò schizofrenico: pur condannandola ritengo tuttavia che entro certi limiti amatoriali (copia di programmi tra amici, scambio p2p) la pirateria possa essere un fenomeno positivo che contribuisce alla diffusione di standard e può anche creare un ritorno economico positivo per la società che apparentemente ne è vittima. Quello che è assolutamente da condannare è la pirateria "ufficializzata" ed impunita, come ad esempio la vendita di copie illegali di software.
Senza dubbio negli anni '80 tutta la generazione di programmatori italiani fu penalizzata dalla sistematica commercializzazione di software pirata, copiato o localizzato che fosse.
Questo comportamento favorì il diffondersi di distributori e piccole software house senza competenza nè responsabilità, che rappresentavano un ostacolo per coloro che volevano seriamente investire nel settore. La disponibilità di software copiato faceva sì che i programmatori di personal computer fossero pagati poco, o tenuti in scarsa considerazione.
L'aspetto normativo inoltre non tutelava assolutamente i diritti di questi ultimi, nè di quelle (poche) software house o case editrici che cercavano di investire nello sviluppo di software originale. Il risultato fu che la generazione italiana di quel periodo non ebbe a disposizione gli strumenti di mercato per svilupparsi come avrebbe potuto, perdendo terreno dietro altri paesi come Gran bretagna e Germania, da sempre più veloci anche sotto l'aspetto normativo nel cogliere le nuove opportunità.
Stessa cosa per le software house che in Italia soffrirono della situazione e si svilupparono solo sul lato del software professionale e su commissione. E' stato fortemente penalizzato tutto il settore del software consumer.
Ripensando oggi a quel periodo storico, quali considerazioni ti sentiresti di fare?
Sia io che mio padre abbiamo vissuto un periodo esaltante nella storia dell'informatica: mio padre come addetto ai lavori ha vissuto sin dal 1950 l'inizio della storia in cui è avvenuta la "meccanizzazione" dell’ amministrazione aziendale (ad esempio ha avuto la possibilità di elaborare alcuni algoritmi per statistiche che furono adottati anche all’estero), io ho vissuto la diffusione dell'informatica "individuale", mi sono confrontato con il mio personal computer come se questo fosse uno specchio della mie capacità creative, diciamo una estensione della mia capacità logica. Programmare un computer significa entrare nella macchina, ragionare con un'altra logica, trasformare il proprio pensiero. E più la macchina è a "basso livello", più sfide ti impone, più impari a conoscere te stesso e a dilatare la tua comprensione. Questo negli anni ottanta era ciò che lo "specchio della mente" metteva alla portata di tutti, attraverso un quadratino intermittente bianco su una schermata azzurra.
Attraverso il mio Commodore 64, e grazie alla Systems, una parte del mio pensiero (applicato ad una macchina) ha potuto raggiungere migliaia di persone. E, volendo, lo poteva fare chiunque. A quei tempi praticamente ogni possessore di Commodore in un modo o nell'altro era un programmatore. E il bello era che ne eravamo perfettamente coscienti, una legione di autodidatti che -istruzione dopo istruzione- ponevano le basi di quello che si apprestava a diventare uno sviluppo prodigioso ed epocale.
In quegli anni ci si doveva confrontare con due parametri essenziali: velocità di elaborazione e quantità di memoria. Erano due parametri ancora controllabili a livello amatoriale. Con qualche cognizione base, la lettura di alcune riviste e un pò di tempo a disposizione tutti erano in grado di vivere l'ebbrezza di "pensare in linguaggio macchina".
Inevitabilmente le macchine sono cresciute, assieme alla potenza di calcolo crescevano anche gli strumenti disponibili, in modo esponenziale, fino al limite del controllo individuale. Alla fine degli anni '80 per poter fare le stesse cose di solo 8 anni prima bisognava volerlo fare, specializzarsi. Era molto meno "naturale". In compenso si potevano fare cose inimmaginabili solo pochi anni prima, grazie ad applicativi straordinari e geniali, e le stesse esperienze ed opportunità esaltanti si affacciavano attraverso "la rete". E con la rete si potevano raggiungere decine di migliaia di persone.
Il Commodore 64 fu "un grande inizio". Ma quando considero tutto ciò che è successo da allora, devo pensare che quasi ogni giorno ha avuto la possibilità di trasformarsi in un grande inizio.
Memorie di massa, grafica, velocità, multimedialità, multitasking, musica, internet. In fondo non ci sono mai state battute d'arresto, ogni generazione ha potuto vivere i suoi momenti magici, senza rimpianti.
Quando penso al Commodore 64 penso a me stesso 25 anni fa. E' ovvio che ci siano dei rimpianti, forse anche legati alla considerazione sull'oggetto: oggi il computer è uno strumento anonimo. Negli anni 80 il nostro Commodore era una parte di noi.
Oggi però, che abbiamo aggiunto una nuova dimensione dietro questo strumento, ne siamo divenuti piu' spettatori che attori e sempre meno autori. Ora il computer assieme alla rete è sia una finestra che un microscopio.
I rimpianti dei bei tempi che furono scompaiono dinnanzi alla potenzialità dello strumento e alla magia della rete, al miracolo di Internet e alle sfide tecnologiche, culturali, antropologiche e commerciali che tutt'ora rappresenta.
Conservo ancora il mio Commodore 64 e l'unità 1541. E' in una scatola in un armadio. In un'altra scatola ho un pacco di schede perforate, sullo scaffale di una libreria ho una perforatrice di schede manuale, in ghisa, della IBM, con la quale lavorava mio padre. Sono sopravvisuti a vari traslochi. Io non ho avuto il coraggio di liberarmene. Forse sarà mio figlio ad eliminarli da una cantina polverosa. Oppure no, e forse un giorno verranno teletrasportati su un altro pianeta, anelli di congiunzione di una lunga catena.
Riferimenti
Articolo sul Modello 740 pubblicato su Computer: I II III IV V
Nemo Galletti è autore di diversi articoli pubblicati sulla rivista Commodore.