C64 & Pirateria #07: Originale o Copiato (CCC 71 - 1990, Gennaio)

Autore: Roberto - Pubblicato il 31-03-2010.
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Tratto da Commodore Computer Club 71 (Editoriale)

ORIGINALE O COPIATO

I (discutibili) comportamenti di alcuni commercianti possono aver contribuito, paradossalmente, alla diffusione dell'Informatica di massa

Recentemente abbiamo avuto notizia di un "blitz" delle forze dell'ordine che, dietro denuncia di alcuni distributori di software, hanno sequestrato copie abusive di programmi.

Pur rallegrandoci che, in questa nostra Italia, qualcosa inizi a funzionare per ciò che riguarda la tutela del software, non possiamo fare a meno di esprimere alcune considerazioni di natura "tecnica" e, come tali, brutalmente estranee a considerazioni morali di qualsiasi tipo.

Indubbiamente la notizia dei blitz ha posto in apprensione quei negozianti che, fin troppo sfacciatamente, offrivano software piratato ai propri clienti.

Ma le speranze dei distributori andavano, probabilmente, oltre la mera soddisfazione dell'interruzione del commercio illecito.

"Se l'utente abituale trova difficoltà a reperire software piratato - si pensa in alcuni ambienti - sarà certamente costretto a comprarlo in confezione originale".

Il tallone d'Achille, del pur valido ragionamento, risiede nel ritenere che l'utente di computer sia una specie di drogato, che non può assolutamente fare a meno di software sempre nuovo.

Le carenza di software... alternativo, invece, può spingere i meno abbienti (alla cui categoria appartengono i ragazzini che collezionano centinaia di giochi, per il semplice gusto di farlo) a sfruttare fino in fondo i programmi procurati prima del blitz; oppure a individuare altri canali di reperimento, tra cui le banche dati pirata (magari grazie a cooperative di utenti che dividono le spese di gestione che un modem comporta); oppure a sproteggere da soli il software originale (e divulgarlo, in seguito, presso amici e non).

Insomma, chi aveva deciso di usare il proprio computer con spese di gestione ridottissime, non cambierà certo idea dal momento che non può (o non vuole) acquistare software originale; anzi, persisterà in questa sua convinzione ritenendo che la difficoltà di reperire tanto software a basso prezzo (cioè piratato) sia una imposizione subita ingiustamente.

Se le cose stanno così, è molto probabile che il numero di programmi originali, venduti attraverso i canali ufficiali, rimanga costante. Semmai, paradossalmente, c'è da temere un rallentamento della diffusione del software (e dell'hardware) domestico.
Tutti sanno che il mitico C/64 è stato venduto in centinaia di migliaia di esemplari anche grazie alia possibilità di acquistare (perfino in edicola!) software di alta qualità a basso costo.

Se la pirateria fosse stata impossibile fin dall'inizio, l'informatica di massa non avrebbe raggiunto le dimensioni odierne; gli attuali operatori del settore svolgerebbero quindi, con ogni probabilità, altre occupazioni.

In definitiva, e sempre secondo il nostro modesto parere, il numero di acquirenti potenziali di software originale è sempre eguale; ogni politica di proibizionismo è destinata, di per se stessa, a fallire miseramente.

Più opportuno sarebbe, e sempre a nostro modesto avviso, una maggiore cura dei manuali a corredo, la possibilità di offrire software realmente nuovo (e non i soliti marzianetti da colpire) la necessità, sempre più inderogabile, di convincere l'utente che il software originale è più "bello" di quello copiato.

Ci rendiamo conto che il problema non è semplice; purtuttavia in altri settori (nemmeno tanto distanti dal nostro) lo stesso problema assume un aspetto del tutto trascurabile.
Dei "Promessi sposi", ad esempio, esistono diverse edizioni: elegante, in pelle, in videocassetta, in edizioni economica. Nessuno si sognerà mai di fotocopiare il volume per evitare di acquistarlo.

Allo stesso modo è necessario pensare ad una politica di distribuzione, di confezione, di manualistica, di prezzi (e di "giusto" guadagno) che consenta di rendere antieconomica la copia.

Anche nel campo della moda c'è un mercato per i capi di abbigliamento originali ed uno per quelli contraffatti. La (giusta) limitazione di quest'ultimo non contribuisce, però, ad incrementare le vendite del primo dal momento che gli esemplari vengono offerti a due acquirenti totalmente diversi tra loro.

Nel campo editoriale, e soprattutto in quello della moda, esser copiati rappresenta un segno di prestigio, un punto di "arrivo". Chi non ha riflettuto a sufficienza su tali evidenze è bene che inizi adesso.